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sabato, Luglio 27, 2024
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    Home Prima pagina EFFETTO GUERRA, IL RITORNO ALL’OLIO DI PALMA

    EFFETTO GUERRA, IL RITORNO ALL’OLIO DI PALMA

    EFFETTO GUERRA, IL RITORNO ALLOLIO DI PALMA
    La guerra in Ucraina ed i conseguenti rincari avranno conseguenze anche sullindustria alimentare: lutilizzo dellolio di palma crescerà del 20% a partire dal 2023
    Sono passati sette anni da quando lolio di palma è stato via via smantellato dalla catena di produzione alimentare, almeno in Italia, viste le campagne contro il suo utilizzo per la prevenzione della deforestazione del Borneo e di altre aree verdi del pianeta. Dal 2015 la domanda di olio di palma è infatti calata del 33%, con 200mila tonnellate in meno allanno e limpiego di altri oli di semi come quello di colza, soia e girasole. Ma detto ciò, oggi, complice ancora una volta il conflitto tra Russia e Ucraina, il passo indietro sarà inevitabile. Non solo stangate su bollette e carburanti: le previsioni dellUnione italiana olio di palma sostenibile, infatti, hanno riferito che dal 2023 avremo impatti anche sullindustria alimentare nostrana, con un impiego maggiore del 20% del prodotto, a causa dei rincari delle materie prime e le difficoltà nellimportazione. Con il 60% della produzione e il 75% dellexport, lUcraina è infatti il principale Paese coltivatore di girasoli al mondo, e lItalia dipende da Kiev per oltre il 60% delle importazioni di olio grezzo.
    Non è però un prodotto da demonizzare. Mauro Fontana, presidente dellUnione italiana olio di palma sostenibile, ha ricordato che il 95% dellolio di palma utilizzato dallItalia sia certificato come sostenibile, e proprio per questo i dati non devono spaventare: Siamo una best practice mondiale, ha sottolineato, quello che arriva nel nostro Paese proviene soprattutto da Malaysia e Indonesia, anche se c’è una quota importante di prodotto sudamericano. Lolio di palma utilizzato, infatti, pur rappresentando ben il 35% delle produzioni di grassi vegetali destinati allalimentazione, impiega solo il 10% di tutti i terreni utilizzati per coltivare oli, ele proiezioni della Fao dicono che entro il 2050, per garantire sufficiente cibo per tutta la popolazione mondiale, la produzione di oli dovrà incrementare dell85%, passando da 165 a 307 milioni di tonnellate. In questo contesto la produzione di palma, purché sostenibile, avrà un ruolo strategico, visto che garantisce una resa allettaro di 4-8 volte maggiore. Accorgimenti, quindi, in favore di sostenibilità e risposta al fabbisogno, con anche una serie di altri vantaggi da non sottovalutare: ha un gusto neutro, che ben si adatta alle produzioni dolci, poi, rispetto a quello di colza, è più facile da reperire: i francesi sono grandi produttori di colza ma se la tengono quasi tutta per sé mentre il Canada, che è il più grande esportatore mondiale, ha avuto una stagione pessima e ne ha prodotto molto meno. Quanto allolio di soia, invece, la maggior parte arriva da Sudamerica ed è Ogm.
    Stante la crisi delle materie prime, le prime conseguenze sul piano dellapprovvigionamento non sono tardate ad arrivare: Come Unione italiana dellolio di palma sostenibileracconta Fontana abbiamo appena partecipato a Marca, la fiera del private label, dove abbiamo ricevuto parecchie richieste di informazioni. Abbiamo anche segnali di passaggi già avvenuti: il mondo della frittura è stato il primo a guardare allolio di palma, sia tra i produttori industriali di fritti sia tra le catene di fast food. Io mi aspetto che, nei prossimi mesi, vada a scemare lappeal dello slogan senza olio di palma e che molte aziende, sia piccole che grandi, ritornino parzialmente sui loro passi, affiancando alle linee di prodotti senza altre che nuovamente utilizzano questo tipo di olio.
    Rilevante è poi il tema del prezzo dellolio di palma, più competitivo rispetto ai diretti concorrenti: È vero che un cambiamento così repentino della domanda indotto dalla crisi ucraina ne ha fatto aumentare le quotazioniha dichiarato Fontana, ma resta comunque più economico, in media, del 20-30% rispetto a quello di girasole. E sebbene dallUcraina facciano sapere che la semina di girasoli non è totalmente compromessa  (anche se è facile pensare che subirà drastici rallentamenti ancora per molto), lArgentina ha aumentato la produzione per sopperire alle carenze, ma gli effetti non si vedranno prima della prossima primavera.
    Giacomo Zanetti

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