A Milano, ogni anno, vengono investiti milioni di euro nel welfare. Housing sociale, centri diurni, unità mobili, interventi per i giovani e le famiglie fragili: un apparato imponente, che però – oggi più che mai – mostra tutti i suoi limiti.
Periferie in sofferenza, disagio giovanile crescente, marginalità cronica che non si risolve: la città è stanca di progetti a breve termine, di risposte emergenziali, di un sistema che spesso gestisce il disagio, ma raramente lo supera.
Per questo ho presentato in Consiglio Comunale un’interrogazione mirata, con alcune domande molto semplici:
Come si misura oggi l’efficacia delle politiche sociali a Milano?
Quanti beneficiari sono davvero riusciti a uscire dalla marginalità?
Che tipo di impatto stanno avendo i progetti rivolti ai giovani nei contesti più difficili?
Esistono strumenti di valutazione indipendente, con il coinvolgimento del Terzo Settore, delle Università, dei Municipi?
Queste domande non nascono da uno spirito polemico, ma da una convinzione politica profonda: il modello sociale della sinistra ha esaurito la sua spinta propulsiva. A forza di moltiplicare sportelli e bandi, si è smarrita la capacità di costruire percorsi personalizzati, efficaci, duraturi. In nome dell’universalismo astratto, si sono spesso ignorate le vere esigenze dei territori.
È tempo di una nuova visione: quella della sussidiarietà concreta, non declamata.
La sussidiarietà, lo ricordiamo, non è uno slogan. È un principio costituzionale (art. 118), ma soprattutto una chiave moderna per ripensare la pubblica amministrazione: non tutto deve fare il Comune, soprattutto quando ci sono realtà sociali, cooperative, associazioni, parrocchie, reti civiche che conoscono i bisogni, li vivono ogni giorno, e sanno come intervenire con maggiore efficacia, rapidità e umanità.
Questo non significa esternalizzare il welfare al ribasso, come spesso si vuol far credere. Al contrario, significa governare insieme, con regole chiare, valutazioni trasparenti, obiettivi misurabili.
A Milano serve una regia pubblica forte e intelligente, capace di creare alleanze territoriali vere. Serve investire nella formazione degli operatori, nel monitoraggio degli esiti, nel coinvolgimento dei cittadini attivi. E serve anche il coraggio politico di premiare chi ottiene risultati, superando logiche di rendicontazione formale e privilegiando l’impatto reale.
Il Terzo Settore deve diventare coprotagonista di un nuovo welfare urbano. Ma perché ciò accada, la politica deve fare un passo in avanti: uscire dalla retorica, abbandonare il centralismo assistenziale, costruire un patto vero tra istituzioni e comunità.
Milano ha le risorse, le competenze, le energie civiche per farcela. Ciò che serve ora è un programma di governo all’altezza: basato su responsabilità condivise, valutazione, prossimità, e sulla forza viva delle reti sociali.
Noi siamo pronti a costruirlo.
di Deborah Giovanati, Consigliera Comunale Forza Italia – Milano