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    PNRR: retroscena e prospettive di un’opportunità straordinaria

    PNRR: retroscena e prospettive di un’opportunità straordinaria
    Dalla risposta alla crisi alle riforme strutturali: gli strumenti messi a disposizione dall’Unione Europea poggiano su una pianificazione di medio-lungo termine.
    Non ci soffermeremo sulla cronistoria degli eventi che hanno scandito il precipitare dell’Europa, dell’Italia e del mondo in una delle crisi sanitarie più gravi di tutti i tempi: ognuno di noi ha a disposizione aggiornamenti quotidiani in merito all’evolversi dei dati epidemiologici, al numero dei decessi e all’andamento della campagna vaccinale, che – unica certezza in uno scenario per molti aspetti ancora indecifrabile – ha consentito ai Paesi che l’hanno implementata in maniera più capillare di lasciarsi alle spalle la fase più acuta della pandemia.
    Il blocco imposto dai governi nazionali a oltre metà della popolazione mondiale durante la prima metà del 2020 ha spinto l’economia globale nella peggiore recessione dai tempi del secondo conflitto mondiale. L’Italia ha fatto registrare nel 2020 una perdita del PIL pari all’8,9%; le cause sono state ovviamente il blocco delle attività sociali e produttive interne, ma anche (tra le altre) la maggiore dipendenza della nostra economia dai servizi rispetto (ad esempio) alla Germania.
    Il 2021 ci ha raccontato una storia un po’ diversa. Sebbene la situazione pandemica, e la conseguente crisi economica, non possano dirsi risolte, i dati relativi all’anno appena trascorso parlano – per quanto riguarda il nostro Paese – di un PIL in crescita del 6,5%, un valore secondo, in Europa, solo a quello della Francia (intorno al +7%).
    Numeri che inducono all’ottimismo, certo, ma se si considera la perdita del 2020 (8,9%) e se le previsioni di crescita verranno rispettate, solo tra la fine del 2022 e l’inizio del 2023 raggiungeremo i livelli pre-covid. I quali, vale la pena ricordarlo, fotografavano, tra la fine del 2019 e l’inizio del 2020, anno zero della pandemia, un Paese a un passo dalla recessione, che si dibatteva tra annosi problemi strutturali i quali gli impedivano anche solo di tenere il passo con le economie trainanti del vecchio continente.
    Anche in quest’ottica, ossia dal punto di vista delle riforme strutturali, Next Generation EU e PNRR rappresentano un’opportunità di portata straordinaria, per non dire epocale.
    Complice la semplificazione eccessiva con la quale a volte i media veicolano le notizie, si è abituati a pensare al PNRR e, a monte, a Next Generation EU, come a un enorme salvadanaio; il che è sicuramente vero, e lo è in particolare per il nostro Paese, che si è visto assegnare (sotto condizione, salvo il rispetto di target e obiettivi prefissati) la quota più cospicua di risorse: circa 235 miliardi di euro tra dispositivo per la ripresa e la resilienza (RRF), React EU e fondo complementare.
    Solo per dare un ordine di grandezza, le quote di RRF a disposizione di Francia e Germania, sommate, sono inferiori allo stanziamento della sola Missione 2 (Transizione ecologica) del PNRR italiano.
    Ma c’è molto di più: il PNRR si basa anche su un ampio spettro di riforme strutturali, fondamentali affinché le risorse stanziate possano produrre rapidamente opere, beni e servizi, incontrando il minor numero possibile di barriere normative, amministrative e burocratiche.
    Risiede in questo il senso del carattere condizionale dell’erogazione dei fondi, la quale avviene per step in base al raggiungimento, lo dicevamo, di obiettivi, target e milestone.
    Schematizzando, il Piano prevede quattro tipologie di riforme:
    riforme orizzontali, che puntano a migliorare l’equità, l’efficienza e la competitività del Sistema Paese: le principali sono senza dubbio la riforma della Pubblica Amministrazione e la riforma della giustizia;
    riforme “abilitanti”, funzionali a garantire l’attuazione del Piano: le azioni principali sono un programma di semplificazione normativa e burocratica e un piano per la promozione della concorrenza;
    riforme settoriali, che consistono in innovazioni normative relative a specifici ambiti di intervento o a determinate attività economiche (ad esempio, la semplificazione delle procedure per l’approvazione di progetti su fonti rinnovabili, o la normativa di sicurezza per l’utilizzo dell’idrogeno);
    infine le misure che, sebbene non ricomprese nel perimetro del PNRR, risultano necessarie alla realizzazione dei suoi obiettivi generali. Sono le riforme di accompagnamento alla realizzazione del Piano, tra cui rientrano gli interventi programmati dal Governo per la razionalizzazione e l’equità del sistema fiscale e per l’estensione e il potenziamento del sistema di ammortizzatori sociali.
    La straordinaria opportunità offerta da Next Generation EU e PNRR, possiamo quindi affermare in conclusione, viaggia su due binari paralleli (ma che si intersecano in alcuni punti nodali e strategici):
    le risorse messe a disposizione delle Amministrazioni competenti, che le declinano in Bandi e Avvisi rivolti alle imprese e agli Enti pubblici per finanziare diverse tipologie di interventi, dalla transizione 4.0 a quella ecologica, dalla riqualificazione del patrimonio culturale all’efficientamento energetico, dall’internazionalizzazione all’economia circolare, dall’edilizia scolastica alla ricerca;
    le riforme, legate a doppio filo al PNRR, conditio sine qua nonper l’erogazione delle risorse, e che consentiranno, se correttamente implementate, di contribuire a risolvere alcune problematiche strutturali (il gap Nord-Sud in primis, ma anche le disparità di genere, il digital divide, la lentezza della giustizia, il peso della macchina burocratica, e molto altro) che da sempre affliggono il nostro Paese e che gli hanno impedito, fino ad ora, di interpretare il ruolo di primo piano che gli compete in Europa.
    Davide Bonetti
    Centro Studi SA FINANCE

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