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    Malpensa, il blocco dei collegamenti con il Regno Unito peggiora la crisi

    L’ordinanza del ministro della Salute spegne quel timido segnale di ripresa scattato con l’aumento del traffico aereo in prossimità delle festività natalizie. Intanto la Commissione Bilancio stanzia 500 milioni di euro per compensare gestori aeroportuali e prestatori di servizi a terra.

    Fino al prossimo 6 gennaio è stop ai voli provenienti dal Regno Unito, secondo quanto stabilito dall’ordinanza firmata domenica pomeriggio dal ministro della Salute, Roberto Speranza, dopo la diffusione della notizia di una nuova variante di coronavirus riscontrata proprio oltremanica e definita dall’omologo britannico, Matt Hancock, “fuori controllo”. Una decisione che sta provocando non poche ripercussioni sullo scalo lombardo di Malpensa che, in particolare in questi giorni, stava ricominciando a vedere un certo traffico di passeggeri, contrariamente ai mesi scorsi quando l’aeroporto era praticamente deserto.

    Dopo la scelta della compagnia British Airways, ai primi di novembre, di mettere in stand by i collegamenti sulla tratta Londra-Malpensa a causa della seconda ondata di Covid, i voli di collegamento con il Regno Unito si sono ridotti a circa una ventina, operati principalmente dalle compagnie low cost che proprio in questi giorni stavano registrando un discreto volume di passeggeri di rientro per le festività natalizie. Gli ultimi atterrati domenica – mentre molti connazionali si trovano bloccati oltremanica senza nessuna certezza riguardo al rientro in patria – sono sottoposti all’obbligo di tampone, come tutti coloro che negli ultimi quattordici giorni sono arrivati in Italia dal Regno Unito.

    Il blocco dei collegamenti oltremanica mette ulteriormente alla prova lo scalo lombardo, già sotto pressione per la crisi nera che sta attraversando il settore del trasporto aereo. “È profonda e sarà lunga”, aveva detto il numero uno di Sea, Armando Brunini a proposito dei tempi di ripresa necessari per tornare a vedere volumi in linea con gli standard pre-Covid. Sono lontani anni luce i tempi d’oro in cui, specie in occasione delle festività natalizie, i voli riuscivano a registrare il sold out senza fatica e in aeroporto si susseguiva un via vai di passeggeri tra arrivi e partenze.

    Nella migliore delle ipotesi si dovrà attendere non prima del 2023 per poter accennare ad una ripartenza. Del resto la previsione fatta da Brunini è supportata da dati preoccupanti, con la fine dell’anno Sea ha stimato il transito dei passeggeri ad un quinto rispetto allo scorso anno, nonostante la previsione fosse quella di una riduzione del 75%. Ma il secondo lockdown, cui si aggiunge anche l’ultimo stop ai collegamenti con il Regno Unito, ha dato il colpo di grazia facendo precipitare la situazione fino a portare il calo ad oltre l’80%. Senza contare il contraccolpo a livello occupazionale che mette a rischio circa 40mila lavoratori occupati sia direttamente nei servizi aeroportuali, che nelle numerose attività che gravitano attorno allo scalo e vivono del passaggio dei viaggiatori.

    L’ad di Sea era stato molto chiaro nella richiesta al Governo di adeguati ristori e misure di sostegno per i lavoratori. Su questo punto sembrerebbe essere stato ascoltato, è infatti passato in Commissione Bilancio del Senato l’emendamento grazie al quale verrà istituito un fondo da 500 milioni di euro destinato a compensare i mancati ricavi e i maggiori costi sostenuti sia dai gestori che dai prestatori di servizi aeroportuali, come si legge in una nota del senatore dem Alessandro Alfieri, sarà inoltre prorogata la cassa integrazione in deroga alle imprese del trasporto aereo e del sistema aeroportuale.

    Micol Mulè

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