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Riforma fiscale: tutto quello che non vi dicono

Riforma fiscale: tutto quello che non vi dicono

“Pensi che non si conosce neppure con esattezza il numero delle leggi in materia fiscale attualmente in vigore: dovrebbero essere circa ottocento.”

Così il direttore dell’Agenzia delle Entrate ieri a Repubblica. Si fa fatica. Si fa davvero fatica a concentrarsi sulle cose importanti, cioè sulla riforma tributaria, e non sulla grande domanda: cosa ce ne facciamo di un direttore dell’AdE che non sa nemmeno che normativa sta applicando? Perché se quella frase, in bocca ad un tributarista, è una battuta a effetto, in bocca a chi ci può pignorare la casa è una cosa mostruosa. Significa agire per sentito dire. Perché così fan tutti. È una cosa aberrante. Ma, come detto, concentriamoci sugli elementi importanti: quali sono i pericoli di una riforma fiscale?

Prima di tutto, da dove nasce il groviglio? In massima parte dalle esenzioni. Il sistema tributario, nato mentre ancora cadevano le bombe sul paese, soffre dello stesso problema del diritto penale. Si spara alto, poi si corregge il tiro. È ironico a pensarci, ma noi siamo un paese con condanne, sulla carta, molto alte. Poi c’è il sistema delle attenuanti. Ecco, nel fisco funziona allo stesso modo: abbiamo tasse altissime e poi una jungla di deduzioni e detrazioni. Il che, tra parentesi, rende ogni stima sull’evasione un esercizio di futilità.

Da questo nasce il primo rischio: se togliamo tutte le detrazioni ci troviamo con un sistema che chiederebbe circa 100 miliardi in più all’anno a chi produce. Il che è impensabile. Andrebbero rimodulate le aliquote più alte, per evitare un bagno di sangue. Ma siccome non puoi tagliare in alto, in un paese dove l’invidia sociale è la più grande virtù, se non regali in basso la cosa diventa problematica. Il sistema intero rischia di saltare. Lo vedevamo ieri, togliere detrazioni è un ottimo sistema per tassare in maniera occulta piccoli gruppi di aziende e produttori senza che gli altri si lamentino. Il rischio di essere i prossimi davanti al plotone di esecuzione è troppo grande.

Il secondo rischio è che si faccia una grandissima confusione per non ottenere assolutamente nulla. Gli agricoltori della valle montana che dà sul mare, che finora hanno avuto un 10% di sconto sull’Irpef, ad esempio, continueranno ad avere il problema che le rape dorate a fusto violaceo non hanno mercato. Come ce l’avevano quando hanno ottenuto lo sconto. Idem dicasi per casi più reali, come gli sconti in bolletta per le aziende energivore. Quindi la processione di sconti di certo non svanirebbe solo perché lo sogniamo. Può, quindi, questa maggioranza divisa su tutto avere il polso per difendere la diligenza dall’assalto? Ovviamente no.

Ultimo problema: so che molti di voi dissentiranno, ma non possiamo fare un taglio di tasse in deficit. Non col debito che veleggia verso 3000 miliardi di euro. Il primo capitolo da affrontare sono le spese. Dopo possiamo tagliare quello che volete, ma non possiamo avere noi uno sconto ed i nostri figli il conto da pagare. Con gli interessi. Non sarebbe morale.
Insomma, belle le intenzioni, ma, ancora una volta, la realtà è altro. E Ruffini non dà segno di riconoscerlo.

Luca Rampazzo

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