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    Russia, le contraddizioni di un’economia di guerra

    L’economia russa, nonostante le sanzioni inflitte da buona parte della comunità internazionale, sembra aver trovato una strategia per sopravvivere nel breve periodo. Al fuoco nemico delle sanzioni le autorità russe hanno risposto con un aumento della spesa militare che, sebbene stia producendo dati incoraggianti con una crescita del PIL, impone un’analisi più approfondita.

    Nel 2023 il PIL della Russia è cresciuto del 3,6% con una prospettiva di crescita nell’anno in corso che si aggira al 3% grazie agli ingenti investimenti nell’industria militare, per la produzione di carri armati e proiettili e per la fabbricazione delle uniformi. Gli investimenti sono infatti triplicati rispetto ai livelli pre-invasione toccando i 100 miliardi che corrispondono al 6% del PIL. Il numero delle industrie belliche è aumentato da meno di 2000 unità pre-guerra a 6000 unità. Questo ha fatto crescere il tasso di occupazione e, in alcuni casi, ha influito sull’aumento dei salari. Sono infatti 3,5 milioni gli occupati nel settore bellico che lavorano 24 ore su 24, su tre turni e per 6 giorni la settimana.

    Sebbene apparentemente l’economia risulti florida, è notizia recente la pubblicazione del bilancio 2023 del colosso del gas russo Gazprom che ha subito un crollo degli introiti pari a 629 miliardi di rubli, corrispondenti a 6,9 miliardi di dollari. Il crollo dei profitti è connesso alla diminuzione delle vendite di gas in Europa, fonte principale del business, che la società non è riuscita a compensare con la vendita di petrolio, prodotti petroliferi e gas condensato.

    Inoltre, la Banca Centrale Russa, ritenuta da molti analisti ancora una delle fonti russe più affidabili, afferma come in alcuni settori si stia sperimentando una scarsità di forza lavoro. Questo è dovuto, da un lato, dal personale impiegato al fronte e, dall’altro, del basso tasso di disoccupazione drogato dall’aumento degli investimenti nel comparto bellico che hanno convogliato buona parte della forza lavoro in quel settore.

    Per i cittadini russi, come scrive il Financial Times, la decisione di appoggiare la guerra non è più influenzata solamente dalla retorica politica e dalla propaganda del regime, bensì costituisce oggi una scelta inevitabile per la sopravvivenza. Per questo, l’economia di guerra potrebbe diventare un ostacolo politico alla conclusione del conflitto: più la crescita è evidente e maggiori sono le opportunità di profitto, meno saranno gli incentivi a porre fine alle azioni militari e a riconvertire nuovamente le industrie.

    Tuttavia, l’inflazione rimane oltre il 7% e alcuni settori hanno subito un forte rallentamento per concentrare gli investimenti nell’industria bellica. Quanto l’economia possa reggere nel lungo periodo resta un’incognita e, se secondo la presidente della banca centrale russa, Elvira Nebiullina: “L’economia russa può ancora correre ma non a lungo”.

     

    Emma Delfrate

     

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