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sabato, Settembre 14, 2024
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    SPARI IN CLASSE: 9 IN CONDOTTA

    SPARI IN CLASSE: 9 IN CONDOTTA
    Quest’anno mia figlia, in seconda liceo, ha preso 8 in condotta per eccesso di assenze. E personalmente non ci trovo nulla di male nella decisione del consiglio di classe. L’anno prossimo, imparata la lezione, farà in modo di migliorarsi, oppure, portata una pistola ad aria compressa in classe e sparando contro la professoressa di scienze, prenderà certamente un bel 9. Magari con un bazooka riceverà direttamente una laurea honoris causa.
    Sconcertante la decisione dell’Itis “Viola Marchesini” di promuovere con il 9 in condotta, due dei cinque studenti che l’anno scorso avevano sparato con una pistola a pallini alla professoressa Maria Cristina Finatti puntando direttamente alla faccia filmando l’episodio e postandolo sulle piattaforme social. La docente non si dà pace e in un’intervista al Corriere della Sera spiega la decisione che ha preso con i suoi legali: “Vado avanti con la mia denuncia e ci penserà il tribunale dei minori a far capire ai ragazzi la gravità di quanto accaduto”.
    Qualcuno potrebbe pensare che l’insegnante abbia esagerato a denunciare l’intera classe, delle scuse sincere avrebbero cambiato le cose, ma la professoressa continua a spiegare:
    “Se fossero venuti a chiedermi scusa subito non sarei partita con la querela a tutta la classe. Ho sempre creduto nei più deboli e li ho aiutati anche quando colleghi mi dicevano perché affrontassi temi o discorsi aulici con i ragazzi speciali. Questo per sottolineare la mia estrema sensibilità”.
    Son ragazzi! Ma i suoi colleghi non lo sono. Inconcepibile che la dirigenza non abbia preso seri provvedimenti, in questo caso estremo, utili perché esemplari. Ma evidentemente la docente deve stare molto antipatica al consiglio di classe che sembra averne preso le distanze: “Pensavo – ha aggiunto – che la scuola sottolineasse la gravità del fatto accaduto con voti bassi in condotta. Avevo partecipato nel primo quadrimestre al consiglio di classe sui primi due mesi di scuola, prima che mi togliessero da quella classe. Non so quanto bravi siano stati e non c’entrano i bei voti. Di certo la scelta di promuoverli è sbagliata”.
    Qui si rischia di ripetere discorsi retorici, ma la retorica non è più tale se la realtà non cambia. Genitori e insegnanti non fanno il bene dei ragazzi se non li mettono davanti alle proprie responsabilità. Sono accaduti ultimamente fatti ancora più gravi come l’uccisione di un clochard a Pomigliano D’Arco in provincia di Terni, picchiato a morte da due minorenni, e l’incidente stradale, che ha portato via la vita di una bimba di cinque anni, da parte di un ventenne youtuber positivo alle droghe. Si sarebbe potuto evitare? Certamente sì. Sarebbe bastato spiegare a quei ragazzi che ci sono dei limiti che non si possono superare, il rispetto per l’altro e il valore della vita? No. Bisognava spiegarlo ai loro genitori – gli stessi che si menano alle partite di calcio dei figli alle elementari – e a quegli insegnanti che, invece di vivere la scuola come un sindacato, avrebbero il dovere di educare.
    Come andrà a finire questa vicenda vergognosa? Ora dovrà intervenire il tribunale dei minori. “Spero – ha continuato la professoressa – che la giustizia faccia il suo corso. I ragazzi e i loro genitori devono rendersi conto che è con le esperienze negative che si migliora. Le mamme e i papà vorrebbero sempre il bene per i figli ma è con le esperienze ostili che si impara a vivere. Non capisco perché dobbiamo essere sempre noi insegnanti a pagare o a essere colpevolizzati”.
    Giovanni Zola

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