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    Fabbriche a rischio in Cina per il Covid

    Fabbriche a rischio in Cina per il Covid
    Dopo la nuova ondata di diffusione del Covid che ha investito la Cina, soprattutto attraverso la variante omicron, il Paese si trova alle prese con la più grande crisi dei contagi dall’inizio dell’emergenza pandemica. Molte sono le città colpite, a Pechino metà della popolazione è stata contagiata, complice l’allentamento delle misure anti-Covid dopo le forti proteste di qualche tempo fa. A rischio sono soprattutto alcune aziende a supply chain, molte delle quali si trovano praticamente costrette a chiudere se la situazione non migliora a breve.
    Dopo la nuova ondata di omicron che ha colpito le principali città cinesi, la situazione è ben presto degenerata con un numero complessivo di contagi che supera persino il periodo iniziale di emergenza pandemica del 2020.
    Complice dell’aumento del contagio è stato sicuramente anche l’allentamento delle misure restrittive e della politica “zero Covid”, cui avevano fatto seguito numerose e importanti manifestazioni di protesta in tutta la Cina. Ma le decisioni di ridurre le pesanti restrizioni in vigore fino a pochi giorni fa a Shangai, Pechino e in molte altre metropoli, sta avendo appunto pesanti conseguenze non solo sul numero dei contagiati, ma anche e soprattutto sull’operatività delle aziende.
    A risentirne nella maniera più grave sono specialmente le aziende coinvolte nella produzione industriale, già in difficoltà a seguito della pandemia e poi della guerra, molte delle quali stanno seriamente correndo il rischio di chiudere.
    Il rischio è la chiusura di alcune linee di produzione e di una ulteriore pressione sulla catena del valore globale. Ma gli analisti, come riportato dal Financial Times, prevedono comunque che questa fase sarà complicata nel breve termine ma successivamente accelererà l’uscita della Cina dall’isolamento pandemico.
    Pur con tutte le differenze del caso (visto che le varianti successive del Covid non hanno certo gli effetti devastanti dei primi contagi), questa nuova situazione emergenziale ricorda le peggiori ondate in occidente da quando si è diffusa la variante omicron. Pechino è la città più colpita: alcune stime dicono che la metà dei 22 milioni di abitanti si è contagiata.
    Il governo ha subito chiesto ad alcune imprese a controllo statale come China Resources e Sinopharm di aumentare la produzione di farmaci per la febbre, dopo che gli abitanti di Pechino hanno vuotato gli scaffali delle farmacie. Nel frattempo a Shangai è stata ordinata  la chiusura della maggior parte delle scuole con l’obbligo di seguire le lezioni online. La misura in vigore da lunedì riguarderà anche gli asili nido e i centri per l’infanzia.
    Le aziende che operano nei servizi stanno optando per il lavoro da remoto, misura tuttavia più complicata se non impossibile nelle fabbriche. Il Financial Times cita il caso di una fabbrica di circuiti stampati nella provincia orientale dello Shandong, dove solo il 20% del personale è andato a lavorare venerdì, il resto si è ammalato di Covid.
    È solo un esempio delle molte aziende cinesi che, per carenza di personale, stanno seriamente affrontando il rischio di chiudere, trovandosi anche senza regole specifiche da applicare per contrastare la diffusione del contagio.
    Pietro Broccanello

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