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    Vaccini: la mossa delle Regioni e il piano Hera dell’UE

    Le varie istituzioni, italiane ed europee, si stanno adoperando per velocizzare e rendere più efficiente la lotta al coronavirus.

    Nonostante i buoni auspici di fine anno, la campagna di vaccinazione europea contro il covid ha subito diversi rallentamenti dovuti a una molteplicità di cause relative alla produzione, lo stoccaggio, la logistica, i contratti di fornitura e da ultimo le nuove varianti. In Italia, per cercare di ovviare a queste problematiche, alcune Regioni stanno cercando di muoversi in maniera autonoma per acquistare dosi aggiuntive di vaccino, anche se il collo di bottiglia è l’approvazione da Roma.

     

    Ma intanto qualcuno ci prova. Ieri il governatore della regione Veneto, Luca Zaia, nel corso di un punto stampa presso la sede delle Protezione Civile di Marghera, ha confermato di aver ricevuto più offerte e ha affermato che se ci fossero “i magazzini pieni di vaccini, in estate potremmo dichiararci covid free”. Secondo i calcoli di Zaia, fino a ieri i Veneto erano stati inoculati 250.000 vaccini, mentre 108.000 soggetti hanno ricevuto la seconda dose.

     

    Ma non tutti sono d’accordo. Intervenuto al programma “L’aria che tira” su La7, il presidente della Liguria, Giovanni Toti, ha ribadito che ad oggi “è complicato per le Regioni trattare con multinazionali come Pfizer. Intanto usiamo i vaccini che abbiamo al meglio e lasciamo che Draghi trovi il modo di far avere all’Italia più dosi. Se i vaccini arrivano le Regioni sono ben organizzate per farli”.

     

    E proprio sul versane nazionale, ieri Mario Draghi ha dedicato parte del suo discorso al Senato alla questione vaccini, evidenziando come la sfida principale sia quella di ottenere le quantità sufficienti e distribuirle rapidamente e in maniera efficiente “ricorrendo alla protezione civile, alle forze armate, ai tanti volontari”. Non è mancata una stoccata alla decisione del governo precedente di privilegiare alcuni hub per le vaccinazioni in Italia. Draghi infatti, rivolgendosi ai senatori, ha chiaramente espresso la volontà di non limitare le vaccinazioni “all’interno di luoghi specifici, spesso ancora non pronti” ma anzi di rendere ricorrere a tutte le strutture disponibili, pubbliche e private.

     

    A livello europeo invece, la Commissione ha deciso di prendere in mano la situazione e ha lanciato il piano Hera, tramite il quale si cerca di favorire la collaborazione tra le aziende biotecnologiche, i produttori, le istituzioni e i ricercatori, al fine di dotarsi degli strumenti per rilevare rapidamente le nuove varianti covid e parallelamente fornire incentivi per lo sviluppo di nuovi vaccini e l’aggiornamento di quelli esistenti. La presidente Von der Leyen ha ribadito come tra le misure più urgenti, vi sia il riconoscimento delle varianti e fare in modo che “la procedura di sequenziamento
    in tutta Europa sia piú veloce. Hera, insieme all’Ecdc e agli Stati membri, lavorerá affinchè la capacitá di sequenziamento aumenti. Andremo anche a sostenere le imprese che dovranno adattare i vaccini alle nuove varianti. Un primo passo sará pari a 150 milioni di euro per i progetti di ricerca”.

     

    Simone Fausti

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