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Quando il lavoratore chiede un inquadramento superiore.

Una recente sentenza del Tribunale di Milano (Trib. Mi., sez. lav. 28 gennaio 2020, n. 197, dott.ssa Gigli) ha descritto in modo puntuale gli accertamenti che devono essere svolti dal giudice e gli oneri di allegazione delle parti nei giudizi aventi ad oggetto la rivendicazione di un inquadramento superiore da parte del lavoratore quando il lavoratore chiede un inquadramento superiore.

Occorre tener conto che questo tipo di controversie possono risultare particolarmente gravose per l’imprenditore. Infatti, oltre all’inquadramento superiore, il lavoratore è solito chiedere anche il pagamento di tutte le differenze retributive relative al periodo antecedente la controversia. Periodo (tendenzialmente qualche anno) in cui il lavoratore lamenta di aver lavorato con un inquadramento inferiore rispetto a quello corrispondente alla prestazione in concreto svolta.

Nel caso di specie la domanda del lavoratore con cui veniva richiesto l’inquadramento superiore (livello I anziché livello II della categoria quadro) veniva rigettata. Il Tribunale decideva che all’esito dell’istruttoria non erano emerse circostanze che consentivano di ricondurre la prestazione in concreto svolta dal lavoratore al livello I.

Nella parte motivazionale della sentenza, il giudice meneghino – richiamando un orientamento consolidato di legittimità (v. fra le più recenti Cass. 2018/26593; Cass. 2018/10961; Cass. 2018/8142 e da ultimo Cass. 2017/21329) – indicava le seguenti tre fasi dell’iter logico che il giudice deve percorre al fine di accertare il corretto inquadramento:

  1. accertamento in fatto delle attività in concreto svolte dal lavoratore;

  2. individuazione delle qualifiche e gradi previsti nel contratto collettivo di categoria;

  3. raffronto tra il risultato dell’indagine di cui al punto 1) con il testo normativo/contrattuale di cui al punto 2).

Ne consegue che, nella predisposizione del ricorso, il lavoratore da un lato dovrà percorrere il ragionamento logico/giuridico attraverso i 3 punti appena indicati e dall’altro dovrà allegare la prova delle attività in concreto svolte e della prevalenza delle attività “caratterizzanti” il livello superiore rispetto a quelle di cui al livello inferiore.

Su tale onere di allegazione la sentenza citata richiamava le seguenti pronunce di merito: «il lavoratore che agisce in giudizio per ottenere l’inquadramento in una qualifica superiore ha l’onere di allegare e di provare di avere svolto in maniera prevalente e non episodica mansioni diverse da quelle del proprio inquadramento» (V. Trib. Roma, sez. lav., 22 maggio 2017, n. 4877) e «[dal lavoratore] deve essere provata la prevalenza qualitativa e quantitativa delle superiori mansioni rispetto a quelle proprie del livello di inquadramento, attribuendosi decisivo valore alle mansioni c.d. “caratterizzanti”, e cioè a quelle più specifiche sul piano professionale, purché non sporadiche o occasionali» (V. Trib. Bari n. 2182/2016; in senso cfr. Cass. 2006/8529 e Cass. 2000/2537).

In questo tipo di giudizi, il lavoratore per vedere accolta la propria domanda dovrà, quindi, provare le circostanze di cui sopra con i più comuni mezzi istruttori quali ad es. la produzione in giudizio di documenti (mail/ sms/ messaggi whatsapp/ registrazioni) ovvero l’indicazione di testimoni (quali ad es. colleghi e/o persone con le quali il lavoratore nell’ambito della propria prestazione è solito relazionarsi).

Il datore di lavoro potrà, invece, limitarsi a contestare le circostanze e le prove indicate dal lavoratore oltre ad allegare eventualmente una prova contraria.

Per quanto riguarda l’attività difensiva del datore di lavoro, può essere efficace contestare che il lavoratore non possiede determinate skill (leggi “abilità”) proprie di un livello superiore.

Infatti, nel caso affrontato dal Tribunale di Milano, ai fini del rigetto della domanda, ha avuto rilevanza anche la prova emersa in merito alla scarsa capacità di utilizzare il mezzo informatico da parte del lavoratore: «le mancanze del ricorrente attribuite a una riferita scarsa dimestichezza nell’uso dello strumento informatico non consentono di affermare il possesso, in capo al medesimo, di quel quid pluris rispetto alla “padronanza di tecniche e metodologie anche operative” che già caratterizza il suo livello di appartenenza».

avv. Nicola A. Maggio

n.maggio@pmslex.com

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