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    Recovery fund: come spenderemo i 100 miliardi?

    Il rilancio, finanziato dal Recovery Fund, passerà per infrastrutture ed efficientamento energetico. In cantiere un decreto che semplifica la burocrazia in tema di appalti pubblici.

    Ad un giorno dall’annuncio della proposta firmata Merkel e Macron sul Recovery Fund, che porterebbe all’Italia una cifra intorno ai 100miliardi di euro, il Governo deve stabilire in tempi brevi come spendere le risorse per rilanciare il Paese.

    Il piano di recupero ipotizzato da Germania e Francia, che prevede lo stanziamento di 500miliardi di euro a fondo perduto da destinare agli Stati membri dell’Unione maggiormente colpiti dalla crisi dovuta all’emergenza sanitaria, soddisfa in parte le richieste iniziali dei Paesi del Sud, in cui rientrano Francia e Italia – secondo i quali servirebbero 1000 miliardi – ma tutto sommato viene accolto come “un primo passo importante”, stando alle affermazioni del premier Conte e del ministro per gli Affari Europei Vincenzo Amendola.

    Proprio quest’ultimo, in un’intervista rilasciata a La Stampa, ha dichiarato che l’obiettivo è arrivare ad un accordo già a giugno che contempli la possibilità di un anticipo dei fondi – un frontload – prima dell’estate “a fronte di un piano chiaro sul loro utilizzo”. In linea con il documento franco- tedesco all’interno del quale si fa cenno al vincolo di un “chiaro impegno degli Stati membri ad applicare politiche economiche sane e un’ambiziosa agenda di riforme”.

    Perciò bisogna essere pronti, con un progetto chiaro su come e dove investire la quota che spetterà al nostro Paese, definendo i settori prioritari per scongiurare il rischio di ritardi e sprechi delle risorse. Non c’è che l’imbarazzo della scelta, sanità, ricerca, scuola, infrastrutture e dissesto idrogeologico si contendono un posto nella lista delle priorità. A voler seguire alla lettera il comunicato congiunto di Merkel e Macron il fondo sarà destinato ad aumentare “gli investimenti in particolare nelle transizioni ecologiche e digitali, nella ricerca e nell’innovazione”, fatto salvo la precisazione del Presidente francese per cui le risorse saranno stanziate “a favore di quei settori che non sono solo tecnologici, per aiutare a combattere la disoccupazione e a proteggere le aree più vulnerabili”.

    Sarebbe nell’ambito del più ampio Green New Deal che si sta focalizzando il lavoro del Governo, come del resto già stabilito dalle linee guida fissate dal ministro Gualtieri prima dell’esplosione dell’emergenza sanitaria. Per il rilancio la scommessa si giocherà in modo particolare su infrastrutture ed efficientamento energetico, dissesto idrogeologico e prevenzione del rischio sismico, peraltro interventi già inseriti nella legge di bilancio in tempi non sospetti e che ora potrebbero costituire la chiave di volta per il rilancio del Paese.

    Se una traccia da seguire è già delineata, rimane il dubbio dell’effettiva capacità di progettazione e spesa da parte delle Regioni che già in altre circostanze, in tema di fondi strutturali europei, hanno mostrato dei limiti in tal senso. Non aiuta l’accantonamento dell’ipotesi di una cabina di regia di tecnici sostenuta dall’ex ministro Tria mirata a realizzare progetti in tempi rapidi e nemmeno la mole di cavilli burocratici in cui si inceppano costantemente le opere pubbliche. E proprio su quest’ultimo punto è atteso già nei prossimi giorni un decreto che dovrebbe mirare alla semplificazione delle procedure che regolano gli appalti pubblici.

    Micol Mulè

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