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    Come adattarsi? Intervista a Mauro Salvalaglio, sindaco del lodigiano

    La testimonianza di Mauro Salvalaglio, sindaco di un paese vicino a Codogno, che cerca di adattarsi tra il fuoco del coronavirus e la confusione che regna a Palazzo Chigi è importante segno dei tempi.

    La confusione delle decisioni che vengono da Roma è sintomo anche di un certo distacco reale tra il governo nazionale e le amministrazioni locali. L’informatore.info ha deciso dunque di raccogliere la testimonianza di Mauro Salvalaglio, sindaco di Secugnago, nel lodigiano.

    Mauro Salvalaglio è un sindaco giovane, quest’anno compie 41 anni e da dieci anni amministra un paese di neanche 2000 anime a soli 13 chilometri da Codogno, la città che ha costretto la nazione a destarsi dai problemi quotidiani per combattere la minaccia del virus.

    Come si vive, da sindaco, ai tempi del coronavirus?

    Si vive «in comune», in tutti i sensi. È vero, siamo stati obbligati a ridurre al minimo le normali attività comunali, ma parallelamente le esigenze delle persone sono aumentate esponenzialmente a causa del fatto che i loro spostamenti sono limitati così come le loro possibilità di interagire e di usufruire di servizi essenziali.

    Come vi siete adattati a questa situazione?

    Io e i miei collaboratori lavoriamo tutto il giorno dal momento che di fatto rappresento il primo e l’ultimo punto di riferimento. Faccio ricorso al cellulare, a facebook, a messenger per non lasciare i cittadini nel bisogno. Nel frattempo, in questo periodo di distacco fisico, è aumentato molto il senso di comunità, di solidarietà e di collaborazione reciproca.

    Voi amministratori locali, come vi sentite trattati dal governo nazionale?

    Male, anzi molto male. Il problema, secondo me, è profondo: esiste una carenza di carattere all’origine delle decisioni confuse, raffazzonate e soprattutto difficilmente declinabili nella realtà concreta. Dico questo perché tanto poi tocca ai comuni applicare queste direttive.

    E sul fronte economico?

    Capisco l’urgenza di trovare soluzioni di compensazione economica, però secondo me trasferire fondi ai comuni senza sapere bene su che basi siano stati fatti i calcoli e pretendere che vengano elargiti in maniera oggettiva senza darci gli strumenti per poterlo fare non è il modo migliore di gestire la situazione. È chiaro che poi si rischia a posteriori di creare delle iniquità enormi e di generare problemi gestionali e contabili molto grossi.

    Sul versante sanitario invece, è stato molto colpito il comune?

    Ad oggi abbiamo avuto 15 contagi e un decesso, un sessantaseienne purtroppo. Al momento non c’è nessuno in terapia intensiva: due sono in sub-intensiva e negli ultimi giorni ne sono stati dimessi tre, di cui un signore di ottant’anni che era entrato in ospedale un mese fa.

    Come vede una ripresa nel prossimo futuro?

    Vedo già ora uno spirito diverso: abbiamo dimostrato di essere in grado di combattere. Economicamente da noi sono rimasti chiusi artigiani, piccole aziende e alcuni esercizi commerciali. Pur essendoci la massima disponibilità del comune a sostenerli, abbiamo tuttavia poteri limitati. La partita della ripresa deve giocarla il governo nazionale al quale dico: ragionate di più, pensando alla quotidianità di chi lavora sul territorio. Altrimenti c’è il rischio serio che ciò che non è stato danneggiato dal coronavirus, venga rovinato definitivamente dalla scarsa gestione dell’economia nazionale da parte del governo.

    Simone Fausti

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