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    Tutti a casa nell’era digitale, i giovani ne soffrono

    Da Martedì 10 Marzo tutta l’Italia è una zona speciale. Si esce solo per motivi di lavoro, di salute, per urgenti necessità. Una decisione molto drastica, dettata forse anche dall’irresponsabilità di alcuni cittadini, giovani e non, che nonostante l’invito del Governo a rimanere in casa e a non frequentare i luoghi affollati, hanno continuato a farlo senza alcun rimorso.

    Un esempio agghiacciante è il video pubblicato su Instagram di due ragazze di Agrigento, appena tornate da Milano, in cui si vantano di stare in giro nella movida dopo essere giunte dalla zona rossa.

    Questo atteggiamento come altri sconfortanti casi, hanno convinto il Governo a forzare la mano rendendo tutta la penisola una zona controllata. Eppure molti giovani, adolescenti non riescono a rassegnarsi all’idea di restare a casa, non comprendendone a pieno le ragioni. Si sentono pieni di forze ed energie, invulnerabili al virus. Non capendo però che così facendo potrebbero mettere a repentaglio la salute di chi gli sta accanto, come i genitori o i nonni. Per parecchi di loro la sospensione della scuola non è un evento grave e sofferto, ma semplicemente una vacanza.

    Paradossalmente questa è l’epoca in cui stare a casa è molto più facile rispetto a prima. Siamo tutti muniti di cellulari, reti wifi, playstation, computer. Accediamo tutti gratuitamente ad Internet, possiamo addirittura fare video-chiamate di gruppo, giocare online e molto altro.

    Inoltre molti supermercati stanno offrendo agli anziani la spesa gratuita a domicilio. Stesso discorso vale per le farmacie. Tutte cose inimmaginabili ai tempi della guerra.

    Ciò nonostante i giovani soffrono, vogliono uscire di casa, socializzare. Questo dato sfalda in parte i discorsi pronunciati in questi anni, sull’assente volontà da parte dei ragazzi di voler stabilire contatti umani, di giocare all’aperto, fare sport.

    Tutto per colpa della Tecnologia. “La digitalizzazione ci sta rovinando”, quante volte l’abbiamo sentito? Si sono accodati a tale pensiero persino educatori, pensatori, intellettuali. Una partita alla Play Station era un problema, le videochiamate erano un problema, così come la televisione, Internet e Whatsapp.

    Oggi invece ci ritroviamo a pregare i nostri figli a farne uso, ma alcuni di loro ribelli vogliono uscir di casa, andare in palestra, quasi come per sfregio.

    Forse alcuni adulti hanno esagerato a criminalizzare la tecnologia, che abbiamo visto essere molto utile non solo in campo lavorativo ma anche in queste fasi.

    Andrea Curcio

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