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    Il Coronavirus non faccia morire le imprese Lombarde

    Le malattie infettive sono una cosa tragica. anche per le imprese. Quelle autoimmuni non sono da meno, però. Tutto inizia con un patogeno: un virus, un batterio, un vibrione. Il corpo mette in campo tutte le forze necessarie. Il nemico viene combattuto. Però. Però il sistema immunitario non si ferma. È una macchina più che efficiente, corre all’impazzata. E fatalmente si schianta, facendo danni ai tessuti dell’organismo.

    A volte, come nel caso dell’Influenza Spagnola, è la causa della morte. Quando si affronta un allarme sociale, talvolta, si innesca lo stesso schema. Partiti con le migliori intenzioni, si rischia di estendere troppo i provvedimenti e danneggiare il tessuto sano della società. Ecco, terminata la metafora torniamo alla realtà odierna e cerchiamo di darne una possibile lettura. Dalla parte delle imprese.

    L’epidemia di COVID-9 esiste. Non c’è dubbio che vada circoscritta. E, per mille motivi, i casi che ci troviamo negli ospedali oggi sono stati rintracciati con alcuni giorni di ritardo. Non cerchiamo colpevoli, vogliamo soluzioni. Il blocco selettivo della Lombardia può essere una buona soluzione. Se non uccide il paziente. Perché va bene la prudenza, va bene l’uso intelligente dei divieti, ma non si può distruggere una risorsa come l’economia lombarda per paura di una polmonite. E se la giusta richiesta di trasparenza va assecondata, il panico va combattuto alla base.

    I sintomi di un nervosismo che sta rompendo gli argini ci sono tutti. Gli assalti ai supermercati, le code per accedere al 112 (chiedendo solo informazioni), le quarantene per i Lombardi in viaggio. C’è tutto perché la gente perda la testa. L’unico tassello che manca sono undici giorni di quarantena prudenziale. Chiariamo: se necessaria, si sopporta. Ma non facciamoci prendere dalla paura, una quarantena fino a zero contagi è una bella idea se sei un professore universitario. Se sei un imprenditore è la morte certa dell’azienda. Soprattutto, è bene ribadirlo, per qualcosa che, sebbene più letale di una comune influenza, non è certo la peste nera.

    La netta impressione, oggi, è che si rischi di rincorrere la paura. Questo, di per sé, non riduce il panico anzi lo aumenta. Col rischio di un circolo vizioso, incentrato sul paradosso che più le istituzioni sono trasparenti e cristalline, più la gente ne diffida. Raccontare le cose è importante, ma la classe dirigente deve risolvere i problemi. Non raccontarmi di minuto in minuto la loro evoluzione. Vogliamo leader, non annunciatori di TG. Per il bene di quel tessuto produttivo, turistico, economico che ha contribuito a tenere a galla il paese.

    E senza, il quale, lo ribadiamo, nessuna sanità è concepibile, nessuna prevenzione sostenibile e nessuna ripresa, economica e morale, possibile. Fate in fretta. Questo il grido che sale dai capannoni fermi, dagli uffici vuoti, dalle scuole inutilizzate. Fate in fretta, finché il paziente è ancora in vita.

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