La Russia rifiuta la tregua di 30 giorni proposta dagli Stati Uniti già accettata dagli ucraini: secondo Yuri Ushakov, consigliere per la politica estera di Vladimir Putin, una breve pausa dei combattimenti servirebbe solo a Kiev per riprendere fiato, secondo quanto riportato da Ria Novosti. D’altra parte, Vladimir Putin recentemente ha detto di non avere fretta: le sue truppe stanno riconquistando la zona russa del Kursk occupata dagli ucraini lo scorso agosto. Per Volodymyr Zelensky, Mosca “cerca di prolungare la guerra e di posticipare la pace il più a lungo possibile”. Il presidente ucraino si augura che “la pressione degli Stati Uniti sia sufficiente a costringere la Russia a porre fine alla guerra”. Nel frattempo, è emersa una recente posizione massimalista che il Cremlino potrebbe adottare nei negoziati.
Un documento dello scorso febbraio redatto da un think thank moscovita vicino all’Fsb (il Servizio di sicurezza federale russo) è finito nelle mani di un’agenzia di intelligence europea. Ne ha parlato il Washington Post, spiegando che da tale documento emergono posizioni negoziali dure: anzitutto si esclude una risoluzione pacifica della “crisi ucraina” prima del 2026, in secondo luogo si respinge qualsiasi progetto che preveda l’invio di forze di peacekeeping in Ucraina.
Le altre proposte sono la creazione di una zona cuscinetto nel nord-est dell’Ucraina, demilitarizzare un’area nel Sud accanto alla Crimea e puntare allo “smantellamento completo” del governo Zelensky. Insomma, la Russia rimane in una posizione di relativa forza sul campo di battaglia, ma non è più alle porte di Kiev e la maggior parte di queste richieste rischiano di far fallire i negoziati ancor prima di cominciarli.
L’obiettivo, che il documento sembra dare quasi per scontato, è il riconoscimento della sovranità russa sui territori conquistati. Il portavoce di Putin, Dmitry Peskov, ha detto che il Cremlino “non era a conoscenza di queste raccomandazioni” e le ha definite “estremamente contraddittorie”, assicurando che le autorità russe stanno “lavorando con opzioni più ponderate”. Ma c’è poco da fidarsi: Mosca continua a considerare l’Ucraina un affare russo e infatti il Cremlino ieri ha ribadito che “Crimea, Sebastopoli, Zaporizhzhia, Kherson, Donetsk e Luhansk (la zona del Donbass) sono parte integrante della Russia” e che “questo è indicato nella costituzione”.