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    L’inversione della polemica: un emendamento in tema aborto pone ai ferri corti Roma e Madrid

    Parlare di aborto in Italia è come aprire il vaso di Pandora del dibattito pubblico italiano, anche se questa volta lo scontro ha assunto caratteri transnazionali arrivando a coinvolgere i governi di Roma e Madrid. Ma facciamo un passo indietro. Tutto è cominciato con un emendamento al disegno di legge per l’attuazione del PNRR proposto da Lorenzo Malagola, deputato di Fratelli d’Italia, e approvato in commissione di bilancio. Riportiamo il passaggio “incriminato” così come è stato scritto: “L’articolo 44-quinquies, introdotto durante l’esame referente, prevede che le Regioni organizzano i servizi consultoriali nell’ambito della Missione 6, componente 1, del Piano nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) e possono avvalersi, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, anche della collaborazione di soggetti del terzo settore che abbiano una qualificata esperienza nel campo del sostegno alla maternità”.

    Tanto è bastato per far insorgere i pro aborto che non vogliono associazioni pro vita (etichettate come “antiabortiste” da gran parte dei movimenti femministi), nei consultori. Questa cosa, tuttavia, già accade a livello regionale, avendo le amministrazioni regionali competenza sul sistema sanitario. Le associazioni pro vita, infatti, già possono effettuare questo servizio grazie all’articolo 2 della legge 194 che recita così: “I consultori sulla base di appositi regolamenti o convenzioni possono avvalersi, per i fini previsti dalla legge, della collaborazione volontaria di idonee formazioni sociali di base e di associazioni del volontariato, che possono anche aiutare la maternità difficile dopo la nascita”. Niente di scandaloso, finché non viene messo in pratica. O meglio, finché qualcuno non suggerisce che c’è un’altra via alla soppressione di un figlio che non si è pronti ad accogliere, e le storie di realtà come il Cav (Centro di aiuto alla vita) sono piene di testimonianze del genere.

    Il caso è comunque finito sui giornali, ha scavalcato le Alpi e questa volta pure i Pirenei. La ministra spagnola per l’Uguaglianza, Ana Redondo, ha deciso di passare all’offensiva, scrivendo su X che “permettere molestie organizzate contro le donne che vogliono interrompere la gravidanza significa indebolire un diritto riconosciuto dalla legge”. Secondo Redondo, “è la strategia dell’estrema destra: intimidire per invertire i diritti, per fermare l’uguaglianza tra donne e uomini”. Non si è fatta attendere la risposta di Eugenia Roccella, ministra per la Famiglia, la Natalità e le Pari Opportunità: “Suggerisco ai rappresentanti di altri Paesi di basare le proprie opinioni sulla lettura dei testi e non sulla propaganda della sinistra italiana, che si dichiara paladina della legge 194, ma non ne conosce il contenuto o fa finta di non conoscerlo”.

    Sul tema è intervenuta anche la premier Giorgia Meloni che da Bruxelles, dove si trovava per il Consiglio Europeo, ha dichiarato: “Varie volte ho ascoltato ministri stranieri che parlano di questioni interne italiane senza conoscerne i fatti. Normalmente quando si è ignoranti su un tema si deve avere almeno la buona creanza di non dare lezioni”. Per riassumere: una emendamento a un disegno di legge che ricalca ciò che già accade in alcune regioni ha riaperto un dibattito che è sconfinato in una polemica internazionale. Rimane un interrogativo: ma non è possibile rimandare questa polemica a dopo il 2026, come si vorrebbe fare con le scadenze del PNRR?

     

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