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    Imprese: cresce il rischio di insolvenza

    Sarebbero oltre 9 mila le aziende in Italia a rischio default per insolvenza: in crisi soprattutto il mondo dell’edilizia. I settori più colpiti riguardano il commercio (+23%), il settore manufatturiero (+17%), l’edilizia (+16%) e il turismo recettivo (10%).

    Secondo Allianz Trade, il colosso assicurativo leader dei crediti commerciali, già con l’inizio del 2024 sta lievitando il numero di imprese a rischio insolvenza, con una accelerazione esponenziale delle aziende in difficoltà: da un modesto incremento del 4% nel primo trimestre 2023, le stime dello stesso periodo per il 2024 portano a un +31% il numero di aziende che sarebbero incapaci di fronteggiare problemi di liquidità vero i creditori.

    L’analisi di Allianz Trade prosegue con le previsioni di breve e medio periodo che mantengono un andamento preoccupante. Le stime infatti parlano di un ulteriore incremento del 9% di aziende insolventi entro la fine del 2024, mentre per il 2025 potrebbero stabilizzarsi, anche se comunque su livelli molto alti.

    I fattori principali di questa vera e propria crisi sono riferibili alla debolezza economica che si sta prolungando da ormai quattro anni, complici la pandemia e l’instabilità della situazione geopolitica internazionale, i cui riflessi sulle imprese (caro energia, costi logistica, inflazione e costo del denaro) riducono la disponibilità di finanziamenti.

    Gli effetti positivi introdotti dallo strumento stragiudiziale della composizione negoziata del debito potranno vedersi invece tendenzialmente solo a inizio 2025, anno in cui si prospetta una progressiva stabilizzazione della situazione. Grazie alla procedura della composizione, infatti, le insolvenze potranno essere “incanalate” in un percorso sostenibile e di conseguenza limitare gli effetti dell’insolvenza, ovvero il fallimento aziendale. Rimane difficile, comunque, pensare a un ritorno ai dati del periodo pre-Covid.

    Secondo le previsioni le conseguenze più pesanti colpiranno in particolare i settori dei beni non essenziali, come alberghiero, ristorazione e turismo, dove il fattore discrezionale di spesa pesa molto, ma ricadute molto negative si prospettano anche sui settori ad elevato costo del lavoro, come edilizia, immobiliare, trasporti, sanità.

    Se la tendenza verrà confermata, in assenza di interventi correttivi o di altre misure, ci si dovrà preparare a una possibile fase recessiva, che potrebbe riguardare non solo in Italia ma tutta l’Europa, dove Francia (16.000 imprese a rischio), Germania (4.000) e Regno Unito (7.000) si troveranno in condizioni analoghe a quelle attualmente presenti nel nostro Paese.

    Pietro Broccanello

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