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    L’AI “ruberà” il lavoro a chi scrive?

    LAIruberà” il lavoro a chi scrive?
    Gli sviluppi dell’intelligenza artificiale negli ultimi anni (e negli ultimi mesi) procedono a una velocità mai vista prima e coinvolgono sempre più settori e ambiti di applicazione. Tra quelli in assoluto più discussi attualmente ci sono i tool che interessano la scrittura (più o meno creativa) e la ricerca di informazioni, uno su tutti ChatGPT. Tra scettici del progresso e allarmisti che già vedono minacciato il proprio lavoro, una cosa è certa: le capacità e potenzialità dell’AI oggigiorno sono già stupefacenti.
    Ormai c’è un dato di fatto che sembra assodato: l’intelligenza artificiale è arrivata ed è qui per restare, o questo è almeno ciò che si è portati a pensare guardando le sue recenti evoluzioni. Se negli ultimi mesi la meraviglia e lo scompiglio erano stati creati soprattutto da tool che applicano l’AI per l’ambito creativo e grafico (da DeepAI a Dall-E, fino al più recente Midjourney), da alcune settimane le potenzialità del “machine learning” hanno coinvolto prepotentemente anche l’ambito della scrittura e della ricerca di informazioni.
    In particolare sul web, sui giornali e soprattutto tra gli addetti del settore sono subito esplose le discussioni e le osservazioni riguardanti un nuovo tool da poco lanciato sul web: ChatGPT, ovvero il più recente e avanzato elaboratore di informazioni e di testi esistente. Reso accessibile ufficialmente il 30 novembre 2022 (anche se in Europa e in Italia ha iniziato a essere utilizzato un po’ dopo) da OpenAI, la compagnia no profit fondata (e poi lasciata) da Elon Musk, anche grazie alla sua fruibilità gratuita la piattaforma ha raccolto oltre un milione di utenti nel giro di pochi giorni. C’è chi ha presto affermato che in questo modo l’intelligenza artificiale è diventata ufficialmente un “competitor” dell’essere umano nella raccolta ed elaborazione di informazioni per la realizzazione di testi complessi.
    Va detto che ovviamente non si tratta affatto della prima forma di intelligenza artificiale adibita a questo scopo: già da diversi anni sono state sperimentate intelligenze artificiali in grado di elaborare testi e discorsi sensati, e altri chatbot (cioè strumenti che rispondono a input testuali) erano già stati diffusi in precedenza con funzionalità simili a ChatGPT. Tuttavia solo ora forse ci troviamo davanti a uno strumento che sembra veramente in grado di “agire come un essere umano” senza quasi farsi notare. Infatti, pur essendo tutte accomunate dallo stesso modello di previsione linguistica (Generative Pre-trained Transformer), le AI testuali precedenti fornivano per circa il 30% risposte già “preimpostate”da chi ha sviluppato la rete neurale, ed erano inoltre in grado di rispondere solamente in lingua inglese ad un numero piuttosto circoscritto di input.
    La “marcia in più” di ChatGPT, invece, consiste nella capacitàelaborare risposte in quasi tutte le lingue esistenti e di essere in grado di generare, a partire da un qualsiasi prompt (cioè qualsiasi “domanda” gli venga posta) contenuti impeccabili e coerenti dal punto di vista sintattico, in grado di simulare in tutto e per tutto le risposte che potrebbe dare un essere umano. Il funzionamento è davvero basilare: non serve neppure essere a conoscenza del funzionamento della “macchina”, basta scriverle ciò che si vuole ottenere ed essa lo restituirà nel giro di pochi secondi. Oltre alla strabiliante velocità nel cercare ed elaborare un numero pressoché infinito di dati (attingendo dall’illimitato bacino di informazioni presenti su internet), le abilità maggiori di ChatGPT riguardano la scrittura “creativa”, vale a dire la possibilità di elaborare (a partire da questi dati) testi di vario genere, da articoli a racconti brevi, liste e perfino canzoni, nonché strategie, piani editoriali e “istruzioni per l’uso” rispetto a varie attività (da cui la grande utilizzabilità anche in ambito lavorativo).
    Certo, in molti casi non si può ancora dire che la differenza tra l’elaborazione da parte dell’AI e quella che potrebbe fare un essere umano passi inosservata (rintracciabile soprattutto nella genericità di molte risposte fornite da ChatGPT), ma l’aspetto forse più interessante (o preoccupante) è che tale sistema non è che agli albori delle sue potenzialità e che (come hanno sottolineato gli sviluppatori) si “autoalimenta” costantemente proprio attraverso le domande e le richieste degli utenti.
    Le possibilità che lo sviluppo dell’AI sta aprendo per svariate tipologie di utilizzi è attualmente uno tra i temi più caldi e discussi al mondo; come sempre in questi casi la platea si divide tra chi teme che l’innovazione troppo estrema possa sempre di più “rubare” il lavoro a molte professioni, e chi invece sostiene che niente potrà mai sostituire il genio e la creatività umane. Anche stavolta sembra più sensato, più che passare da un estremo all’altro, chiedersi e valutare attentamente non solo cosa l’AI può fare, ma soprattutto a chi e a che cosa essa può fornire un prezioso contributo per migliorare i risultati di tutti. Ma, come detto, siamo solo all’inizio e dovremo stare a vedere.
    Pietro Broccanello

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