martedì, Dicembre 3, 2024
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    Allarme bostrico nei boschi dell’arco alpino

    Allarme bostrico nei boschi dell’arco alpino
    Dopo essere state devastate dalla tempesta Vaia nell’ottobre 2018, le zone delle valli lungo l’arco alpino in Lombardia, fino al confine con Austria e Slovenia, stanno subendo una nuova e peggiore piaga. Il bostrico, insetto coleottero di piccole dimensioni, sta devastando i boschi di queste zone passando dagli alberi abbattuti alle piante ancora vive, facendo il triplo dei danni rispetto a quelli della tempesta di 4 anni fa.
    Dopo un’iniziale fase di accusa del problema, tutte le regioni dell’arco alpino interessate si è giunti al vero e proprio stato d’allarme per la moria di piante a causa della proliferazione del bostrico: già decine e decine di migliaia di ettari sono stati attaccati dai letali coleotteri.
    Se nel 2018 la tempesta Vaia aveva già provocato ingenti danni in queste aree per oltre 60mila ettari, è possibile che l’attuale invasione del bostrico ne abbia colpiti almeno il triplo, stando alle parole di Antonio Brunori, segretario generale di Pefc Italia, associazione senza fini di lucro organo di governo nazionale del sistema di certificazione Pefc (Programme for Endorsement of Forest Certification schemes).
    Intere montagne hanno assunto un colore giallastro dal momento che gli insetti, inizialmente presenti prevalentemente sulle piante abbattute dalla o in seguito alla tempesta, si sono repentinamente spostati su quelle ancora vive causandone la morte. Il bostrico infatti agisce facendo piccole gallerie sotto la corteccia, interrompendo così il flusso della linfa e facendo sì che le piante si secchino in breve tempo e muoiano così come sono, in piedi e senza più acqua.
    Le cause dell’infestazione, secondo Brunori, sono molteplici e non tutte inevitabili. Innanzitutto, spiega, il bostrico è sempre stato un insetto endemico delle Alpi e ha sempre rappresentato una delle principali minacce per i nostri boschi pur essendo stato tenuto generalmente sotto controllo. Ma per via della tempesta Vaia si è passati da una situazione endemica ad una epidemica, vale a dire che si è verificata una proliferazione poiché c’era molto di più da mangiare.
    Infine a questo si è aggiunto il più ampio problema legato alla situazione climatica: con l’innalzamento delle temperature, la primavera anticipata e l’autunno allungato, infatti, il bostrico è passato da 1 a 3 cicli vitali, andando a colpire le piante già sofferenti, in particolare quelle di abete rosso che abbondano nelle aree coinvolte.
    Qualcosa si sarebbe potuto fare, secondo Brunori, visto che a detta sua il 95% dei tronchi abbattuti andava rimosso nell’immediato, mentre in media è stato recuperato solo il 50-60% facilitando così la diffusione, con regioni più virtuose ed altre meno, dove piante vive muoiono nel giro di una sola settimana.
    La situazione sembra ormai essere fuori controllo, non essendoci più il tempo fisico di tagliare ed eliminare le piante decedute prima che i coleotteri si spostino su quelle ancora vive. Non avendo arginato la situazione all’inizio, cioè avendo lasciato a terra i tronchi, si ha fornito nutrimento agli insetti.
    Per ragioni analoghe l’allarme è scattato, oltre che in Lombardia, anche nei Comuni della Carnia. Come spiega Erika Andenna, dottore forestale e direttore del Consorzio Boschi Carnici, anche in queste aree, dove Vaia aveva portato circa 1milione di metri cubi di schianti, la mancata rimozione integrale degli alberi a terra ha provocato al diffusione del bostrico. Negli ultimi 3 anni si stimano circa 50mila metri cubi di massa lorda (anche qui principalmente di abete rosso) disseccata dall’insetto, e la presenza di tali ampie superfici quasi completamente denudate rischia di causare ulteriori gravi fenomeni di dissesto idrogeologico nel prossimo autunno-inverno.
    Le soluzioni sembrano scarseggiare, ma non sono del tutto assenti: si stanno tentando interventi di alleggerimento delle aree già attaccate e di abbattimento degli alberi in cui l’attacco delle larve è in corso, ma si tratta di tentativi abbastanza irrisori. L’unica speranza è che l’arrivo del freddo attenui la proliferazione degli insetti.
    Pietro Broccanello

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