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    Green pass, Garante Privacy: i datori di lavoro non possono fare copie delle certificazioni né conservarle

    Green pass, Garante Privacy: i datori di lavoro non possono fare copie delle certificazioni né conservarle

    Un emendamento approvato al Senato prevede la possibilità per i lavoratori di dare il proprio green, su base volontaria, al datore. Ma il Garante della Privacy solleva delle critiche sul fronte della tutela dei dati personali.

    L’adozione del green pass sul luogo di lavoro ha infervorato il dibattito pubblico fin dall’annuncio della proposta e continua tutt’oggi. Le ultime novità sull’argomento riguardano un emendamento al Dl 127/2021 approvato dal Senato che permetterebbe ai lavoratori di consegnare volontariamente la certificazione verde ai loro datori fino alla sua scadenza, in modo tale da poter evitare di doverlo esibire ogni giorno. Una mossa che ha suscitato le perplessità del Garante per la protezione dei dati personali (GPDP) per una serie di ragioni.

    In una nota, il Garante evidenzia come tale esenzione dai controlli di fatto rischi di determinare “la sostanziale elusione delle finalità di sanità pubblica complessivamente sottese al green pass”. L’efficacia di tale strumento risiederebbe infatti nelle periodiche verifiche del certificato, in modo tale da avere un costante aggiornamento della situazione. Secondo l’autorità, “la dinamicità e potenziale variabilità della condizione sanitaria del soggetto è difficilmente cristallizzabile in una presunzione di validità della certificazione, insensibile a ogni eventuale circostanza sopravvenuta”.

    Tuttavia la criticità principale riguarda il rispetto della privacy dei dati degli impiegati. Secondo il Garante, la conservazione della copia delle certificazioni verdi, contrasta con “il Considerando 48 del Regolamento (UE) 2021/953” il quale dispone che “laddove il certificato venga utilizzato per scopi non medici, i dati personali ai quali viene effettuato l’accesso durante il processo di verifica non devono essere conservati”. Le ragioni di tale divieto riguardano la protezione di dati personali sensibili dal momento che dal dato relativo alla scadenza del green pass si può dedurre il periodo di validità dello stesso (che varia a seconda se sia stato ottenuto dopo tampone, guarigione o vaccinazione). Il Garante afferma esplicitamente che quella di vaccinarsi è una scelta personale che necessita di rimanere tale. Questo emendamento rischia di comportare conseguenze per la persona che “verrebbe privata delle necessarie garanzie di riservatezza, con effetti potenzialmente pregiudizievoli”. Per il GPDP, quindi, i datori di lavoro non possono fare copie del green pass da conservare, divieto che di applica anche ai QR code.

    Nel frattempo c’è chi continua a portare avanti la lotta senza quartiere all’idea stessa dell’obbligo di green pass al lavoro. Ieri i deputati di L’Alternativa C’è hanno presentato una pregiudiziale di costituzionalità sul decreto che istituisce tale obbligo poiché sarebbe “una misura che crea disparità di trattamenti tra cittadini e viola palesemente alcuni tra i principi fondamentali della nostra Costituzione”. In particolar modo, secondo il partito fondato dalla fuoriuscita di alcuni membri del M5S, “questo decreto mina i principi di uguaglianza e libertà sanciti dall`articolo 3 e il diritto al lavoro stabilito dall`articolo 4 della Carta e contravviene a quanto affermato dagli articoli 32 e 36 in materia di trattamenti sanitari e di diritti dei lavoratori”. Una polemica che appare una nota stonata in un momento in cui i contagi sono in risalita e torna l’incertezza sull’incolumità del vivere comune nei prossimi mesi.

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