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    Regno Unito: italiani “irregolari” verranno espulsi

    Regno Unito: italiani “irregolari” verranno espulsi
    Gli effetti della Brexit e la crisi conseguente a livello economico e commerciale stanno spingendo la politica di Londra a prendere decisioni difficili da comprendere, se non alla luce di mitigare il crescente malcontento degli elettori britannici, ma che non trova spiegazioni accettabili in un contesto di globalizzazione e di libera circolazione.
    E’ di questi giorni l’uscita pubblica del viceministro all’immigrazione Kevin Foster nella quale afferma senza mezzi termini che “Londra espellerà gli italiani non in regola”.
    Dopo l’uscita dall’Europa, infatti, tutti i cittadini europei che per studio o lavoro si sono trasferiti nel Regno Unito devono ottenere un permesso di soggiorno denominato “settlement scheme” atto contenuto nell’ambito degli accordi della Brexit.
    Già nei mesi scorsi è successo che diverse persone, italiani compresi, siano stati fermati, nel senso di trattenuti in galera, presso la frontiera in attesa di decisione ovvero di rimpatrio.
    Coloro che invece già si trovano nell’isola britannica ma non hanno ottenuto ancora il permesso di soggiorno verranno progressivamente espulsi, salvo dimostrare validi motivi di permanenza.
    Per i politici d’oltremanica, con il premier Johnson in testa, è una inevitabile conseguenza della volontà espressa dagli elettori che hanno votato il referendum per l’isolamento volontario degli inglesi dall’Europa.
    A rompere gli indugi è Kevin Foster, viceministro dell’Interno con delega all’immigrazione e vice della titolare del dicastero, la “falca” Priti Patel.
    Anche se le dichiarazioni rilasciate nei mesi scorsi sembrava fossero orientate a una mediazione, affermando che si sarebbe proceduto con il via libera per molti richiedenti il permesso, nella pratica le norme introdotte dopo lo strappo dall’Europa criminalizzano i cittadini non in regola al pari di comuni criminali.
    Coloro, infatti, che non lasceranno volontariamente l’isola saranno accompagnati all’esodo dalle forze di sicurezza (ImmigrationEnforcement) che “faranno in modo di assicurare la loro partenza”.
    Ma quanti sono gli europei irregolari: fonti dell’Home Office parlano di “un piccolo numero di cittadini già espulsi”. Ma ufficialmente non vengono fornite cifre.
    Attualmente sono presenti quasi 5,5 milioni di cittadini europei regolari, di cui oltre la metà con permesso permanente (dati al 31 dicembre 2020) che non corrono alcun rischio e possono continuare a lavorare nel Regno Unito senza problemi.
    Da giungo le frontiere sono state chiuse per coloro che attendono ancora il visto di regolarizzazione. Per Foster sono circa 400 mila le persone in attesa di un responso, mentre ben 145 mila solo coloro, italiani ed europei, che si sono visti respingere le domande di ammissione e il successivo ricorso in appello e quindi nelle condizioni di doversene andare, volenti o a forza.
    Nell’imbarazzo della situazione il viceministro di Sua Maestà gioca con i numeri e i cavilli: domande presentate in modo non corretto, ricorsi effettuati in ritardo e altre scuse del genere.
    Da quanto trapela, sono circa 100 mila le domande ritardatarie oltre il 30 giugno, ma che presentano una motivazione valida e dunque accoglibile se il tribunale inglese darà il proprio accoglimento ai ricorsi presentati.
    Approccio pragmatico dicono da Londra, realpolitik vista la situazione dal punto di vista degli italiani ed europei con le valigie in mano per tornare a casa.
    Prima della Brexit le domande presentate erano oltre 6 milioni, ma ancora una volta i numeri del falchetto Foster non combaciano con quelli ufficiali dei richiedenti.
    Secondo gli inglesi, dunque, il tema dell’immigrazione incontrollata (che noi preferiamo chiamare libera circolazione) non va bene, neanche a fronte del grande problema di posti di lavoro vacanti che attanaglia il Regno Unito. Sembra una contraddizione ma è tutto vero. Lo si vede, ad esempio, per gli autisti di camion e tir fermi per mancanza di personale.
    Ma ormai la politica di Johnson non torna indietro e corre diritta verso una strada dal futuro incerto, se, come sembra, si preferisce fare demagogia che alimentare la forza lavoro con chi sarebbe disposto anche ad imparare l’inglese pur di lavorare.
    Pietro Broccanello

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