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    PREVENZIONE e RIFORMA SANITARIA

    PREVENZIONE e RIFORMA SANITARIA
    L’emergenza del coronavirus ha posto in evidenza l’alta qualità del nostro servizio sanitario, ma anche la carenza del numero di medici, la diminuzione dei servizi territoriali, l’urgenza di potenziare la rete di assistenza sanitaria primaria, l’esigenza di valorizzare la rete pubblica di ospedali e poliambulatori.
    Ci voleva, forse, questa tragedia per porre in evidenza che non tutte le scelte del passato sono state opportune, non tutti i risparmi hanno migliorato il servizio, non tutti gli interventi possibili, soprattutto in materia di prevenzione e medicina di base, sono stati attuati.
    A tale ultimo riguardo il decreto legislativo n.502/1992 chedisciplina il rapporto tra il Servizio Sanitario Nazionale e i medici di medicina generale prevede che, nell’ambito dell’organizzazione del servizio, si debba “garantire l’attività assistenziale per l’intero arco della giornata e per tutti i giorni della settimana” e che “il tempo complessivamente dedicato alle attività in libera professione non rechi pregiudizio al corretto e puntuale svolgimento degli obblighi del medico”. L’Accordo Collettivo Nazionale 2005 fissa, inoltre, come obiettivo fondamentale di “realizzare nel territorio la continuità dell’assistenza, 24 ore su 24 e 7 giorni su 7, nel concetto più ampio della presa in carico dell’utente” .
    La medicina generale dovrebbe , infatti, garantire “un accesso diretto e illimitato ai suoi utenti” e il medico assumere, “se necessario, il ruolo di difensore dell’interesse dei pazienti” e “una responsabilità specifica della salute della comunità”. Grandi sono, quindi, il ruolo, la funzione e le responsabilità del medico di medicina generale di base, posto dalla riforma al centro del Servizio Sanitario Nazionale, fermo restando che il rapporto in vigore è di “lavoro autonomo convenzionato”, con oneri e benefici conseguenti, ed è previsto che “il medico non può operare, a nessun titolo, in presidi, strutture sanitarie o istituzioni private convenzionate”.
    Per realizzare tutto questo e altro gli Accordi prevedono l’istituzione di “equipes territoriali”, la costituzione delle Unità di assistenza primaria, per assicurare “la continuità dell’assistenza primaria per l’intero arco della giornata e per tutti i giorni della settimana “. Gli oneri per il medico sono diversi e impegnativi: – L’orario dello studio professionale “deve essere aperto 5 giorni alla settimana, per almeno due fasce pomeridiane”, secondo un orario congruo e comunque non inferiore a 15 ore settimanali per 1000/1500 assistiti; –   in caso di assenza, il “medico sostituto …. deve garantire l’attività assistenziale secondo le modalità organizzative, disponibilità strutturali, standard assistenziali e orario di apertura dello studio del medico sostituito”. Anche se previsto, quindi, non sembrerebbe facile garantire tutto ciò conaltri colleghi già titolari d’incarico, ma dovrebbe essereindispensabile avvalersi di medici “esterni”, allo scopo convenzionati.
    Il trattamento economico è calcolato, naturalmente, tenendo conto delle numerose funzioni. E’ prevista una quota capitaria annua di euro 40,05 per ogni assistito, più una quota variabile finalizzata al raggiungimento di alcuni obiettivi prefissati ed una quota per altriservizi concordati , oltre a quanto previsto dal ”fondo per la ponderazione”, più una quota annua aggiuntiva d’ ingresso per le prime 500 scelte, più un compenso aggiuntivo per assistiti di oltre 75 anni  e per minori sotto anni 14 , più, un compenso per i medici che impiegano un collaboratore di studio professionale   e altroancora. Sembra, con il dovuto rispetto, quasi un contratto per i ferrovieri (manca solo il rimborso mensa), quando, invece, per la professionalità del medico, dovrebbe essere riconosciuto un compenso congruo e adeguato alle responsabilità e alla funzione di prevenzione, non tanto alla quantità delle prestazioni, e di collegamento e dialogo con specialisti e ospedale. Va piuttosto, realizzato un sistema che preveda una presenza e un servizio continuativo nel territorio, riducendo, così, il ricorso a ricoveri e al pronto soccorso.
    I diritti e i doveri dei medici di base, però, sono quasi sconosciuti e non è comprensibile perché né la Regione, né le USSL, né i comuni non siano interessati ad informare adeguatamente i cittadini/utenti sull’argomento.
    Perché, inoltre,  dopo oltre 40 anni dalla riforma sanitaria (L. 833/1978), che unificò  in un unico ente (USSL) servizi e prestazioni svolte in precedenza da oltre 15 enti, si deve ancorariscontrare che gli operatori ospedalieri sono in gran parte dipendenti, mentre nel territorio operano, in gran parte, medici convenzionati, liberi professionisti..
    Mentre, infatti, per gli ospedali (quasi fossero enti autonomi rispetto alle USSL) molte decisioni sono state assunte e attuate,con un evidente miglioramento del servizio, non si può dire altrettanto per la prevenzione, che porta poca visibilità, poca gloria e “consenso”, ma, come la manutenzione in altri servizi essenziali, salverebbe vite umane, comporterebbe grandi risparmi di spesa e ridurrebbe i disagi anche psicologici di ogni tipo di ricovero o di accesso all’ospedale.
    Va riconosciuto, perciò, il giusto compenso alla qualità e alla professionalità dei medici di base, ma le loro caratteristiche e il loro ruolo vanno probabilmente meglio e più adeguatamente utilizzati, anche per tener conto che il legislatore nazionale ha riconosciuto un grande ruolo al servizio di medicina generale, quale fulcro di tutte le attività del Servizio Sanitario Nazionale.
    Luciano Falcier ex parlamentare e assessore regionale

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