domenica, Maggio 5, 2024
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    Lavoro: i posti disponibili ci sono, mancano le persone

    Lavoro: i posti disponibili ci sono, mancano le persone
    Sembra incredibile ma è proprio così: le ultime stime elaborate da Unioncamere e Anpal (Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del Lavoro) registrano un’offerta di oltre 1,2 milioni di posti di lavoro che le aziende non riescono a coprire per mancanza di profili disponibili o adeguati.
    Se confrontati con gli anni precedenti questi numeri dicono di una forte crescita rispetto al 2020 (comprensibile per l’effetto pandemia) e risultano maggiori anche se di poco.
    La maggior parte delle offerte di lavoro riguardano profili a basso livello di istruzione e sono distribuiti in molti e differenti settori di attività.
    Dopo l’annus horribilis del Covid-19 il mercato sta tornando a correre, come dimostrano anche i dati con segno positivo sulla ripresa produttiva.
    Il trend che ci fa tirare un respiro di sollievo è confermato anche da altre fonti, come ad esempio la ricerca di Aiso (associazione delle società di outplacement) sulle dinamiche del mercato del lavoro.
    Dai numeri di Unioncamere emerge che nel periodo agosto-ottobre 2021 si stima un fabbisogno di quasi 1.230.000 nuove assunzioni, di cui oltre un milione nel bimestre settembre-ottobre, segnando un incremento del 30% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.  Solo nel mese di agosto sono stati oltre 250 mila i giovani under 29 assunti ex novo, calcolando il rallentamento fisiologico della pausa estiva.
    Il fabbisogno di personale tocca molti settori differenti: 600 mila lavoratori sono richiesti dalle società di servizi, 222 mila nell’ambito commerciale e vendita, 172 mila nell’area tecnica e di progettazione, 128 mila nella logistica e altri 90 mila per le aree amministrative e dei servizi generali.
    Anche il mondo produttivo industriale offre migliaia di opportunità di lavoro, ma paradossalmente sono le candidature a scarseggiare, anche a fronte di livelli retributivi di tutto rispetto.
    E’ questa la criticità davvero sorprendente: con un tasso medio nazionale di disoccupazione intorno al 23%, in gran parte tra le fasce giovani, si fatica a trovare personale da assumere, anche in settori come il digital, l’industria meccanica e l’edilizia.
    Eppure non sembra essere di ostacolo il livello di studio, visto che solo il 10% delle vacancies richiedono la laurea, mentre il 21% non richiede titolo di studio e il 31% solo il diploma.
    Questa apparente contraddizione ha però una spiegazione molto logica: gran parte di coloro che sono disoccupati non hanno profili adeguati a svolgere le mansioni richieste, molti non prendono in considerazione mansioni faticose, una fetta crescente tra i giovani non ha un lavoro e non ha intenzione di cercarlo: sono i cosiddetti NEET, né impiegati né alla ricerca.
    Emerge, ancora una volta, uno storico e annoso problema del mercato del lavoro, la distanza tra sistema della formazione e mondo di lavoro, da cui si genera un gap di competenze tra domanda e offerta, evidenziando come – salvo poche eccezioni – i percorsi e le politiche attive del lavoro non allineano nella preparazione le persone disoccupate con le esigenze delle aziende.
    Giova segnalare una recentissima iniziativa della Regione Lombardia che ha introdotto un nuovo approccio nei percorsi formativi, prevedendo la possibilità di dare direttamente alle imprese risorse economiche da destinare alla formazione di personale che poi le imprese stesse si impegneranno ad assumere.
    Gli esperti prevedono che a fronte di questa criticità, pur dopo un anno in cui in Italia si sono persi oltre un milione di posti di lavoro causa pandemia, la gran parte del fabbisogno attuale non verrà coperto prima di 6/12 mesi, il che va a detrimento delle potenzialità degli ordini già in pancia alle nostre imprese.
    Gli analisti prevedono anche grande mobilità tra settori, complice anche la fine del blocco dei licenziamenti, con una migrazione da attività poco trainanti verso quelli in forte espansione, come la logistica e il mondo della tecnologia.
    Le analisi degli esperti mettono bene in evidenza la necessità di modificare i percorsi professionali, anche superando il gapculturale che vede nelle suole professionali una formazione di ripiego e non una opportunità verso l’assunzione. Sarà per questo fondamentale che il sistema della formazione aggiorni le proprie capacità programmatorie in funzione dei fabbisogni delle imprese, creando un link virtuoso quanto lapalissiano, ma ad oggi ancora molto farraginoso nel dialogo tra modno dell’istruzione e mondo del lavoro.
    Fanno ben sperare alcune iniziative come quella citata della Lombardia o le risorse messe a disposizione dal Governo per attività di outplacement, ancora pochi (10 milioni) ma ben investiti.
    La formazione di base è essenziale come livello educativo primario, ma occorre prevedere un forte impulso verso nuovi percorsi professionalizzanti, magari svolti insieme alle imprese che potranno così immettere forze nuove nei propri organici e riprendere ad esprimere tutto il proprio potenziale.
    Pietro Broccanello

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