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    Intesa Sanpaolo: 5000 uscite rimpiazzate da 2500 assunzioni di giovani

    Intesa Sanpaolo ha raggiunto un accordo coi sindacati che costituisce un’importante staffetta generazionale

    Un risultato importante che apre una finestra di opportunità per i giovani. Il gruppo Intesa Sanpaolo ha raggiungo un accordo con i sindacati Fabi, Cgil, Uilca, First Cisl, Fisac e Unisin che consiste in 5mila uscite volontarie dal 2020 al 2023 che verranno compensate dall’entrata di 2500 giovani. Un’operazione che permette al gruppo guidato da Carlo Messina di svecchiare l’organico acquisendo nuovi giovani.

    Nella serata di martedì 29 settembre infatti è stato firmato l’ ”Accordo per l’avvio del Gruppo UBI Banca nel Gruppo Intesa Sanpaolo”. L’operazione infatti è la conseguenza dell’Opas di intesa per la totalità delle azioni di UBi e prevede l’assunzione con attenzione alla Rete e alle zona svantaggiate del Paese di 2500 persone a tempo indeterminato.
    Le 5000 uscite volontarie riguarderanno non solo il personale del livello base ma anche figure più apicali, compresi i manager e tutto quel personale che avrà maturato il diritto di accedere alla pensione, anche tramite Quota 100 e Opzione donna, entro il 31 dicembre del 2021. A questi si aggiungono tutti i dipendenti che matureranno il diritto alla pensione tra il 1° gennaio 2022 e il 31 dicembre 2022 e che avranno la possibilità di aderire entro il 9 novembre 2020 o alla pensione anticipata, con incentivo e premio di tempestività, o al Fondo di Solidarietà.

    Nel caso le adesioni superino le 5000 uscite previste, verrà stilata una graduatoria in base al criterio della data di maturazione del diritto a pensione. L’intesa raggiunta sancisce inoltre il diritto all’uscita anche ai colleghi che rientreranno nel perimetro delle cessioni di ramo d’azienda quali la cessione a BPER, assicurando pari diritti a tutto il personale del nuovo Gruppo.

    Una notizia positiva e di segno opposto ad alcune tendenze più recenti. È degli scorsi giorni infatti la notizia della decisione di Shell, il gigante olandese del petrolio, di tagliare 9000 posti di lavoro, pari a circa il 10% dell’organico totale che conta 89mila dipendenti. Tale scelta origina dalla necessità di una ristrutturazione interna finalizzata a una transizione verso combustibili più green. Il risparmio stimato dovrebbe aggirarsi attorno ai 2,5 miliardi di dollari annui. Decisione simile ma dall’entità decisamente superiore quella di Disney, azienda profondamente colpita dalla pandemia nel suo asset più famoso, cioè i parchi a tema la cui chiusura ha portato la società ad annunciare un taglio di 28mila dipendenti, la maggior parte dei quali part time.

     

    Simone Fausti

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