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    Dal lockdown nuove idee e progetti imprenditoriali: la scommessa di Daniela Anselmi

    Dal lockdown nuove idee e progetti imprenditoriali: la scommessa di Daniela Anselmi

    Daniela Anselmi ha aperto nel 2004 Arco Compact Solutions srl, dopo un’esperienza all’interno dell’attività di famiglia, che ha come mission quella di ristrutturare, manutenere o arredare gli immobili commerciali proponendosi come unico interlocutore e rispondendo con esperienza, professionalità e qualità alle esigenze del cliente. Con lei abbiamo visto come il motto “progettare, suggerire, risolvere” sia stato valido prima di tutto per la sua azienda, che è stata capace di reinventarsi durante il lockdown, con tutti i lavori fermi.

    Di cosa si occupa la sua azienda?

    Arco Contract Solutions offre un servizio chiavi in mano da general contractor, quindi dalla progettazione fino all’esecuzione chiavi in mano. Arco Contract guarda al cliente industriale, quindi è rivolta principalmente all’azienda che deve aprire un nuovo stabilimento piuttosto che gli uffici. Qualche anno dopo ho visto che si stavano aprendo delle prospettive nel settore residenziale e ho voluto allargare l’attività dando vita ad un’altra divisione che si chiama Custom Home, che si occupa sostanzialmente della stessa cosa ma rivolta al pubblico residenziale, cioè il privato che deve ristrutturare l’abitazione. Anche in questo caso mi occupo di tutto, dalla progettazione alle pratiche edilizie e in questo caso anche di opere edili ed impiantistica. Il classico chiavi in mano, il cliente si rivolge a noi e noi consegniamo il tutto praticamente finito compreso le pratiche edilizie e chiusura lavori. Qualche mese fa, complice il lockdown, ci siamo inventati un’altra divisione che si chiama Think Next Level che si occupa di prodotti innovativi utili per risolvere problemi specifici.

    Quindi la vostra risposta all’impatto del Covid è consistita nel ripensare l’offerta dei vostri prodotti?

    In realtà questi prodotti già li commercializzavo con Arco Contract, dopodiché ho pensato di allargarmi aggiungendo i sistemi di sanificazione dell’aria e delle superficie, in grado anche di contrastare il Covid. Come ad esempio le lastre in Lexan, di spessore millimetrico – solo 1,5 mm – che servono per proteggere i muri e trovano largo impiego in ambienti che richiedono particolare attenzione all’igiene e alla sicurezza dal punto di vista sanitario, come gli ospedali ma anche aziende alimentari. Inoltre si tratta di prodotti estremamente resistenti agli urti e ai reagenti chimici. L’altro prodotto che proponiamo è una centralina di monitoraggio ambientale che serve per rilevare le condizioni “indoor”, sia dal punto di vista dei fattori ambientali che da quello degli agenti inquinanti. Questo in particolare l’abbiamo proposto quando si è cominciato a parlare di sovraffollamento dei locali perché consente di rilevare l’indice di CO2. Se è molto alto significa che ci sono molte persone in un locale e di conseguenza lancia un allarme, e il titolare di quell’esercizio commerciale dovrebbe far uscire qualcuno. Una soluzione che può avere diversi ambiti applicativi, spesso interessa chi si occupa di Human Resources perché serve per qualunque contestazione dei dipendenti, dimostrando che l’ambiente dove lavorano in realtà è sano. Infine, l’ultimo prodotto è un condizionatore d’acqua, una macchinetta piccolissima collegata alla corrente – non richiede interventi dell’idraulico – e allacciata alla tubazione d’ingresso dell’acqua, che consente di dare delle piccole scariche elettriche funzionali ad eliminare il calcare e i batteri, ripulendo così le tubature senza nessun tipo di intervento strutturale. In ambito ospedaliero è molto gradita perché risolve il problema della legionella. Insomma, abbiamo ampliato e siamo andati oltre scommettendo nel sistema di sanificazione.

    Qual è stato l’impatto dell’emergenza sanitaria nel suo settore?

    È stato fortissimo, perché noi dall’8 marzo siamo stati chiusi completamente. Ho potuto fare solo un intervento in un salumificio perché aveva urgente bisogno di aprire un nuovo reparto e ho prodotto e installato una porta e poi basta. Adesso, anche in questa fase di riapertura, stiamo notando che le aziende fanno ben poco perché, ora che si stanno rimettendo in sesto, certamente la priorità non è quella di rinnovare uffici o ampliare stabilimenti, quindi sono ancora un po’ ferme.

    Sono cambiate le richieste dei clienti a seguito dell’emergenza sanitaria?

    A livello di richieste no, il mondo è andato avanti come prima, semplicemente si è rallentato, in alcuni casi proprio fermato. I clienti domandano sempre le stesse cose sia nell’ambito industriale sia in quello privato. Quello che è cambiato è che hanno meno disponibilità e la domanda è scesa tantissimo.

    Quanto ha impattato lo smart working sulle commesse delle aziende?

    Moltissimo. Soprattutto a Milano, a livello di uffici è abbastanza ferma, si capisce anche girando in macchina perché non c’è traffico, la maggior parte sta ancora lavorando da casa. Quando riapriranno gli uffici, si parla ormai di settembre, magari si metteranno a rivoluzionare qualcosa. Per il momento si sono limitati ad attenersi a quelle che sono le prescrizioni di legge. A livello di look degli uffici non è cambiato niente, se non limitatamente alle precauzioni che devono avere. Non abbiamo ricevuto richieste di rifacimento degli uffici secondo un criterio differente a causa del Covid.

    Però il superbonus per le ristrutturazioni dovrebbe dare una spinta alle richieste dei privati, non crede?

    Questo bonus 110 ha creato più problemi che altro. Se non avessero fatto niente avremmo avuto meno difficoltà, perché tutti stanno aspettando che diventi esecutivo, ma manca ancora tutta la prassi con la quale l’agenzia delle entrate dirà quali sono gli step per poter ottenere l’agevolazione, a quali condizioni, secondo quali meccanismi. Sta di fatto che ricevo mediamente dalle 4 alle 5 telefonate al giorno di clienti che mi chiedono se possono fare la ristrutturazione con il bonus 110, e a tutti rispondo che non sappiamo come dobbiamo fare per la cessione del credito o loro per ottenere lo sconto, perché ancora non sono definite le modalità. Di conseguenza siamo fermi e, a loro volta, i clienti non fanno niente nella convinzione di poter aver uno sconto del 110 % in fattura, ovviamente chi si muoverebbe? E tutti aspettano. Se non avessero fatto niente, con il classico 50% o 65% sarebbe ripartito normalmente il mercato, invece hanno fatto questo proclama che non è ancora esecutivo e così hanno bloccato tutto. Quando saranno chiare le disposizioni, sempre che confermino quanto hanno detto, probabilmente ci sarà un aumento del lavoro, ma fino ad allora siamo fermi per altri tre mesi dopo due di chiusura, in attesa che definiscano le condizioni per accedere a questa misura. Anche questo è stato un danno ulteriore.

    Quali prospettive vede per il medio periodo?

    Credo che da settembre, definite le condizioni del bonus 110%, il residenziale possa ripartire. C’è tanto da fare sul mercato, ci sono tanti immobili vetusti ma anche che hanno bisogno di un rinnovo energetico, cosa che tra l’altro ci richiede l’Union Europea – siamo quasi in sanzione perché indietro rispetto a quello che è stato prescritto come tempi per il rinnovo – quindi credo che su quell’ambito, se dovesse essere ben configurato il bonus a livello residenziale, si muoverà tanto il mercato, però a questo punto a settembre. A livello aziendale, quello che si muoverà di più saranno le imprese che durante il lockdown hanno potuto continuamente produrre, come alimentari e aziende che producono dispositivi di protezione. In alcune nicchie di mercato credo ci sia la possibilità di vedere movimento e ampliamento, per tutti gli altri bisognerà attendere che rimettano a posto i conti dopo questi mesi di chiusura.

    Micol Mulè

     

     

     

     

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