venerdì, Aprile 26, 2024
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    Meno Plexiglass più buonsenso

    Ci risiamo, tanti post, tante dirette, troppe ipotesi e nessuna certezza. Salvo una, forse. Il Plexiglas. Questa è la fase che 2 che il governo Conte ci ha abituato a dover sopportare, ne abbiamo viste di tutti i colori in questi mesi: dalle autocertificazioni, ai congiunti passando per i runner e gli untori della movida.

    Pensavamo di averle viste tutte invece ecco la nuova trovata del Ministro Azzolina: si sta valutando l’idea di installare il plexiglass tra i banchi e, come se non bastasse, vietare le mascherine per far posto alle visiere perché le mascherine non consentono di vedere il viso; manca solo il pulsante di prenotazione luminoso per farci venire la nostalgia del quiz “Rischiatutto” condotto da Mike Bongiorno.

    A quattro mesi dall’inizio della pandemia il Governo non ha ancora deciso come far ripartire le scuole. Hanno avuto 120 giorni per pensare a un’idea su come riaprire i nostri plessi: avrebbero potuto copiare i tanti paesi democratici che hanno riaperto le scuole, avrebbero potuto riunire i dirigenti scolastici per chiedere un aiuto, invece hanno preferito rinchiudersi nella loro torre d’avorio e spararne una nuova ogni settimana. Attenzione: non un’idea in più alla settimana che andasse via via a definire la riapertura ma un protocollo completamente diverso di volta in volta; proposte che prendono le distanze l’una dall’altra.

    Prima si parlava di doppi turni ma poi hanno cambiato idea, poi con le classi alternate, vale a dire metà in presenza e metà a distanza, ma anche su quello hanno deciso che non fosse la strada giusta da percorrere.

    Adesso l’ultima trovata è quella di mettere i bambini dentro alle gabbie di plexiglass come fatto a Whuan. Idea che fu proposta anche per la ristorazione e per le spiagge, idea che fortunatamente è stata subito accantonata perché dai, che senso ha andare al ristorante separati da pannelli di plexiglass con persone che abitano sotto lo stesso tetto.

    Chiediamo con forza al Comitato Scientifico del Ministero della Salute per quale legge della fisica il virus non passerebbe da sopra o da dietro i plexiglass. Attendiamo con ansia il vostro protocollo in difesa delle gabbie di plexiglass per essere smentiti: siamo disposti a scuse pubbliche e ringraziamenti per aver incrementato la nostra poca conoscenza su queste interessanti leggi della fisica.

    Questa grandinata di ipotesi per la riapertura delle scuole a settembre deriva dal fatto che non c’è un’idea che è una. La colpa non è solo della Azzolina ma anche di chi l’ha messa lì: siamo di fronte a politici che non si sono mai misurati con il lavoro, a politici che non hanno mai nemmeno fatto gli amministratori locali, a politici che stanno affrontando ogni cosa con estrema superficialità consegnando tutte le decisioni all’apparato burocratico che produce regole che per capirle c’è bisogno di un pool di esperti e per interpretarle serve un miracolo.

    Lo sapete che ogni volta che rilasciate una dichiarazione sulla riapertura ci sono assessori che si recano presso le scuole con le insegnanti a misurare con il metro quanti studenti possono entrare nelle aule, impiegati comunali che controllano se si può recuperare da qualche residuo una somma da stanziare per gli educatori? Evidentemente no.

    Non c’è un un minimo di pianificazione e sensibilità per l’educazione dei nostri figli, per chi quelle regole sarà tenuto a farle rispettare e a darne attuazione.

    L’unica soluzione sensata, e l’unica ad oggi percorribile, è dividere le classi numerose e aumentare il numero delle aule ristrutturando i plessi scolastici del nostro territorio che ne hanno tanto bisogno o, in extremis, creare piccoli plessi distribuiti sul territorio con il coinvolgimento del terzo settore.

    Noi siamo qui a discutere, a confrontarci su come dovranno riaprire le scuole a settembre mentre settimana prossima ricominciano le partite di calcio, riaprono le discoteche e dall’inizio della fase 2 ogni fine settimana continuano ad esserci manifestazioni in piazza. La domanda è una e semplice: “A che gioco state giocando?” chiedo per un amico.

    Filippo Spagnoli

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