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    Perché la sentenza della Corte Costituzionale tedesca scuote l’Europa

    La sentenza della Corte Costituzionale tedesca mette in discussione il funzionamento di alcuni meccanismi europei.

    Martedì 5 maggio la Corte Costituzionale tedesca si è espressa contro la richiesta di interrompere il programma di acquisto di titoli di stato pubblici da parte della BCE ma allo stesso tempo, con toni inusuali per un supremo organo giudiziario, ha dato una sorta di ultimatum alla Banca Centrale Europea nel quale pretende che l’istituto di Francoforte motivi le ragioni economiche alla base di questo programma noto come Quantitative Easing (Qe) e iniziato nel 2015 da parte di Mario Draghi.

    L’eccezionalità di questa sentenza è testimoniata dalle reazioni suscitate che sono essenzialmente due: in Germania molti hanno applaudito la presa di posizione dei giudici tedeschi che hanno ricordato le ricadute secondarie di questo programma che non avrebbero avvantaggiato i rendimenti degli investimenti dei cittadini e delle aziende teutoniche, a causa della politica dei bassi tassi di interesse. Tuttavia, fuori dai confini tedeschi, la reazione negativa è stata quasi unanime. Molti commentatori hanno fatto notare non solo che nella sentenza la corte tedesca critica sbrigativamente il precedente pronunciamento della Corte di Giustizia Europea che aveva avallato il Qe, ma che in questo modo viene meno uno dei pilastri della federazione tedesca cioè l’importanza dell’indipendenza delle banche centrali le quali, per garantire la stabilità economica, devono restare fuori da ogni sorta di intromissione politica e giudiziaria.

    La sentenza in questione infatti non costringe la Bundesbank a interrompere immediatamente l’acquisto di titoli di stato, tuttavia chiede alla BCE di motivare le sue decisioni economiche, nonostante i funzionari della Banca Centrale Europea abbiano pubblicato diversi studi e interviste a riguardo nel corso degli anni. Tra le varie accuse c’è quella di non aver realizzato una valutazione sulla proporzionalità degli interventi attuati. Il Corriere fa notare che l’Italia pesa per il 15,6% nel capitale della Bce, tuttavia gli acquisti dei titoli di stato italiani avviati col Qe superano il 30%. Ma soprattutto questo pronunciamento rischia di innescare una serie di pericolose conseguenze.

    Da una parte le corti di alcuni stati europei potranno sentirsi giustificate nel criticare direttamente le scelte della BCE, forti del precedente costituzionale tedesco. Dall’altra parte questa sentenza getta un’ombra di incertezza sul futuro operato della BCE. Le parole dei giudici tedeschi riguardano il programma di Qe ma allo stesso tempo generano incertezza rispetto al futuro del Pandemic Emergency Purchase Programme (PEEP), cioè il nuovo piano di acquisti da 750 miliardi di euro varato a fine marzo in risposta all’emergenza di coronavirus.

    La BCE nel frattempo ha risposto con un comunicato stringato in cui ribadisce l’impegno nel fare tutto il necessario per continuare a realizzare gli obiettivi del suo mandato, cioè assicurare che l’inflazione aumenti a livelli coerenti con i target di medio termine e fare in modo che le azioni di politica monetaria finalizzate al mantenimento della stabilità dei prezzi siano efficacemente implementate in tutta l’area euro.

    Simone Fausti

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