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    La consueta chiarezza dei Dcpm: visite a congiunti e seconde case

    Fase 2 con meno chiarezza della fase 1. Cambia poco a parte il numero

    La tanto attesa fase 2 che comincerà dal 4 maggio non consentirà con chiarezza di spostarsi liberamente per la città, come in molti si auguravano. Oltre ai motivi di salute e di lavoro, il nuovo Dcpm introduce la possibilità di far visita ai congiunti. Si legge all’articolo 1 comma a): saranno considerati “necessari gli spostamenti per incontrare congiunti purché venga rispettato il divieto di assembramento e il distanziamento interpersonale di almeno un metro e vengano utilizzate protezioni delle vie respiratorie”.

    Molti dubbi di natura interpretativa sorgono riguardo questa particolare disposizione. Ci si chiede infatti chi possa rientrare nella categoria dei “congiunti”. L’enciclopedia Treccani spiega che il termine “congiunto” si riferisce a colui che abbia con altri qualunque tipo di rapporto di parentela, facendo rientrare nella categoria, oltre ai familiari stretti, anche i nonni, zii e cugini. Restano esclusi ovviamente gli amici, ma i “fidanzati”?

    Esistono in Italia molteplici casi di coppie di fidanzati che o non si sono ancora sposati, o non abbiano affatto l’intenzione di farlo. Dunque il legislatore, alludendo alla categoria di “congiunti”, intende escludere o coinvolge le coppie di fatto? In riferimento al tema, una sentenza della Cassazione nel 2015 ha stabilito che il termine congiunto si estende anche ai soggetti che intrattengono dei rapporti equiparabili a quelli del matrimonio, cioè ai fidanzati.

    Le autorità stanno premendo affinchè il Governo chiarisca la questione con una circolare interpretativa per non creare confusione, anche perché, essendo ancora in vigore l’autocertificazione e dunque i controlli sugli spostamenti, ogni cittadino deve sapere con certezza cosa può fare e cosa no e dunque chi può andare a trovare e chi no.

    Gli spostamenti per gli incontri con i congiunti – questo il decreto lo specifica – sono comunque consentiti all’interno della propria regione. Per andare in un’altra regione bisognerà autocertificare motivi di lavoro, di salute e di necessità.

    Il nuovo decreto specifica che “è in ogni caso consentito il rientro presso il proprio domicilio, abitazione o residenza“. Un permesso che c’era nei primi decreti e che è stato negato da quando è intervenuto il lockdown totale che aveva disposto il divieto assoluto di spostarsi dal luogo in cui ci si trova in qualsiasi altro Comune. E che ha costretto da un mese e mezzo a rimanere lontano da casa tutti quegli studenti o lavoratori che svolgono le loro attività altrove. Adesso, invece, è stata reintrodotta questa possibilità del ritorno a casa, anche per gli italiani all’estero che dovranno comunque osservare un periodo di quarantena di 14 giorni.

    Altre mancanza di chiarezza sono legate al tema delle seconde case.
    Era uno dei punti più attesi del nuovo decreto da parte degli italiani in cerca di un po’ di aria ma la formulazione delle nuove norme non scioglie ancora i dubbi. Perché se è certo che non si potrà uscire dalla propria regione, e dunque non è consentito raggiungere le seconde case che si trovano in altra regione, non è affatto detto che non lo si possa fare se si ha una casa al mare, in campagna o in montagna all’interno della regione di residenza. Nel precedente decreto, quello in vigore ancora fino al 3 maggio, infatti è scritto: ” Resta vietato ogni spostamento in abitazioni diverse da quella principale comprese le seconde case utilizzate per vacanze”. Nel nuovo decreto non c’è più traccia di questo divieto.

    Andrea Curcio

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