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    Rimboccarsi le maniche: intervista all’imprenditrice Elena Cropelli

    Quando una donna, come Elena Cropelli, perde due fratelli e si ritrova a capo dell’azienda di famiglia, non basta l’insorgenza di un virus per gettarla nel panico. È quanto è successo a Elena Cropelli, titolare dell’azienda omonima che l’Informatore ha intervistato perché crediamo che quando le cose vanno male, è necessario recuperare quello spirito imprenditoriale che ci fa eccellere in molti settori.

    La Cropelli Srl è un’azienda bresciana leader nel campo degli stampi, che lavora come terzista e specializzata in alcuni settori come l’automotive, la nautica, il giardinaggio e l’ecologia. Fondata 40 anni fa da Tarcisio Cropelli, ad un certo punto è passata nelle mani dei due figli maschi che hanno contribuito a rinnovare l’azienda finché sono venuti a mancare, uno per malattia e uno in seguito a un incidente. A quel punto la figlia di Tarcisio, Elena, ha dovuto decidere che fare.

    Cosa ha significato prendere in mano le redini dell’azienda, dott.ssa Cropelli?

    Le opzioni erano due: o chiudere e fare la bella vita o tenere aperto e tirarmi su le maniche. Ho scelto la seconda e ora al mio fianco c’è il mio compagno Fabio che mi dà una mano nella gestione aziendale

    Perché ha deciso di portare avanti il business di famiglia?

    Perché la famiglia per me è sempre stato tutto e mio padre e i miei fratelli mi hanno inculcato nella testa e nel cuore che non bisogna mai mollare. Quindi ho deciso di andare avanti nonostante tutte le difficoltà che una donna può incontrare in un mondo prevalentemente maschile: ci ho creduto, sono andata in controtendenza, ho portato avanti l’azienda come una famiglia e non ho voluto mollare.

    Qual è stata la difficoltà maggiore che ha incontrato?

    Ho preso le redini dell’azienda nel 2012: la sfida principale è stata quella di far capire che nonostante la giovane età e nonostante fossi una donna, ce la potevo fare. Ho dovuto fare in modo che clienti e fornitori credessero in me e devo dire che oggi riconoscono che gli ho dato filo da torcere negli affari. E di questo sono particolarmente fiera.

    Durante la sua guida, come sono progrediti gli affari?

    Bene, l’azienda è cresciuta molto sia in termini di parco macchine grazie a una serie di investimenti, che a livello di personale dal momento che c’è stato l’inserimento di nuove figure professionali. Insieme a Fabio l’azienda è stata traghettata verso il futuro, siamo diventati un’azienda 4.0 a tutti gli effetti e continuiamo a investire. La cosa più importante di questi anni è che ho imparato a delegare: un fattore indispensabile per un’efficiente conduzione dei processi lavorativi.

    Qual è il segreto del vostro successo?

    La qualità, senza dubbio. La nostra attenzione è rivolta al dettaglio e al cliente che quando viene qui da noi si sente in famiglia e si instaura un clima di fiducia. Nonostante il 70% del nostro mercato sia italiano, all’estero abbiamo clienti francesi, inglesi, polacchi e soprattutto tedeschi dal momento che lavoriamo con i principali marchi automobilistici quali daimler e bmw.

    La diffusione del coronavirus ha influenzato il business?

    Tantissimo. Non esagero se dico che per noi è come le cavallette dall’Africa. Il problema principale è fino a ieri i clienti ci davano la massima fiducia mentre ora ci chiedono se siamo malati, se i dipendente sono contagiati, hanno paura che le aziende possano chiudere se si estende la zona rossa e quindi non hanno più lo spirito di portare qui nuovo lavoro, non fanno richieste e per l’economia questo è un disastro. Prima venivano ogni settimana da noi a visionare il lavoro, ora ci son solo rapporti telefonici.

    Cosa risponde al cliente spaventato dal virus?

    Io rispondo con una dichiarazione personale, firmata di mi pugno in cui garantisco che né io né i miei dipendente siamo malati. Ci metto la faccia in prima persona ma è una situazione assurda.

    Cosa succede se questa situazione si prolungasse nei prossimi mesi?

    Sarebbe la morte. La mia azienda non riceve materiale perché i pezzi sono fermi alle dogane e proprio ieri aspettavamo una fornitura dalla Germania che non è ancora arrivata perché gli autisti si rifiutano di effettuare la consegna per paura di contrarre il coronavirus.

    Cosa pensa dovrebbe fare il governo nei confronti delle aziende?

    Agire immediatamente a supporto del business. La verità è che se una persona si ammala, va in ospedale e con buona probabilità viene curata. Ma per le aziende la cura non c’è. Non sta arrivando nessun aiuto concreto dal governo, anzi solo allarmismo. Noi stiamo mettendo mano al portafoglio di famiglia per tappare le falle, ma se non riceviamo supporto qui va tutto a rotoli. Le aziende non possono essere abbandonate altrimenti si ferma tutto il sistema.

    Simone Fausti

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