mercoledì, Maggio 1, 2024
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    L’eterno immobilismo dell’Europa

    Blocco dei paesi nordici irremovibile su Eurobond e debito d’Europa

    Siamo ancora qui, ad attendere con pazienza che l’Europa si sblocchi. Mes o Eurobond? Solidarietà o rigore? Non possiamo fare niente se non aspettare.

    Rimandare e rinviare è un esercizio cui i ministri delle Finanze ci hanno da sempre abituato, fin dai tempi della crisi greca. Il Coronavirus però non tollera queste continue perdite di tempo, ma impone scelte rapide, radicali e condivise.

    Gli stati membri non riescono a mettersi d’accordo, ognuno ritiene che il problema sia dell’altro. È Aprile, è quasi Pasqua. Il virus ha fatto del Vecchio continente un deserto. Tutto è chiuso, tutto è fermo. L’orizzonte è una depressione economica di cui non riusciamo ad immaginare le ferite e i confini.

    Il negoziato di Martedì, durato 16 ore e terminato nella tarda notte tra il 7 e l’8 Aprile è stato molto duro. L’Italia si è presentata all’appuntamento con l’appoggio di otto paesi, più il sostegno rafforzato della Francia. Macron alla fine ha deciso di dare l’aut aut ai paesi più intransigenti: o nel piano viene inserito un fondo europeo di solidarietà da circa 1500 miliardi oppure non verrà dato l’ok al pacchetto globale.

    La proposta francese di lanciare un bond comune a scadenza 15-20 anni nasce della lettera presentata da 9 leader a fine marzo sulla quale già era fallito un Consiglio europeo: Italia, Francia, Spagna, Portogallo, Slovenia, Lussemburgo, Irlanda, Grecia e Belgio. L’idea è chiara: emissione di un bond da parte di un’istituzione europea in un’operazione diversa dalle emissioni classiche di obbligazioni da parte della Commissione o della Bei (che sono istituzioni europee) e da parte del Mes (che è un’istituzione intergovernativa fondata su un trattato specifico tra gli stati Eurozona).

    Quattro le proposte sul tavolo dell’Eurogruppo: su tre c’è un’intesa di massima. Si tratta dell’operazione Bei da 200 miliardi per le imprese che si aggiungono a 40 miliardi già decisi per le Pmi; del piano antidisoccupazione della Commissione per il sostegno alle casse integrazioni nazionali per 100 miliardi; del ruolo del fondo salva-Stati con 240 miliardi per prestiti. La quota italiana sarebbe 39 miliardi, ma l’Italia si è presentata al negoziato insistendo sulla necessità di non prevedere alcuna condizionalità, neppure quella ‘light’ sulla quale la Germania alla fine si è detta d’accordo.


    Rimane quindi lo stallo sul Mes senza condizioni, una proposta che continua a essere respinta dall’Olanda. Italia, Spagna e gli altri Paesi favorevoli agli Eurobond o altre formule per arrivare all’emissione di titoli del debito comuni hanno tenuto la loro posizione. L’Olanda non ha invece ceduto sulla richiesta dei Paesi del Sud di prevedere l’eventuale ricorso al fondo salva-Stati (Mes) senza le condizionalità attualmente previste per la concessione di prestiti ai singoli Paesi. 

    Il ministro italiano dell’Economia, Roberto Gualtieri, invita alla responsabilità e sottolinea la necessità di assumere scelte coraggiose: “Nonostante i progressi nessun accordo ancora all’Eurogruppo. Continuiamo a impegnarci per una risposta europea all’altezza della sfida del Covid19”, ha scritto in un tweet dopo che ieri sera l’Eurogruppo si è impantanato sugli Eurobond. “È il momento della responsabilità comune – sottolinea il ministro – della solidarietà e delle scelte coraggiose e condivise”.


    La condizionalità del Mes non prevederebbe la Troika, ma si discute su quando accadrà una volta lasciata alle spalle la crisi sanitaria per ciò che riguarda il ritorno alle regole di bilancio per ora congelate. “Tutto ciò che si può dire a questo stadio è che per ora non c’è accordo all’Eurogruppo e non è detto che ci sarà”, indica una fonte Ue.

    Danimarca e Svezia sono schierati con il fronte dei nordici e con la Germania. La posizione tedesca è come sempre dirimente, la linea della cancelliera Merkel è stata dall’inizio della riunione nella direzione di un’approvazione dei tre pilastri, rinviando la decisione sul Fondo comune anticrisi all’autunno.

    Il ministro olandese delle Finanze già da prima del fischio d’inizio si era impuntato: si mes con condizioni, no eurobond. Esattamente all’opposto del premier Conte, il quale però si è reso colpevole di un incidente diplomatico con la Svizzera. Martedì infatti alla frontiera tra il canton Ticino e l’Italia, la polizia ha confiscato un notevole quantitativo di disinfettanti prodotti da un’azienda tedesca Tutti gli articoli erano già stati pagati. La reazione del ministro degli esteri ticinesi è stata forte: “Un furto di Stato”.

    Proprio in queste ore cruciali di trattative, sarebbe stato bene che il premier evitasse qualunque occasione di polemica contro l’Italia, ma ci siamo illusi.

    Se, come appare probabile, anche il vertice di oggi si risolverà in una fumata nera, la palla tornerà in mano ai capi di governo che si incontreranno in video-conferenza dopo Pasqua. Se sarà resurrezione dell’Europa, o una prosecuzione della via Crucis, lo sapremo presto.

    Tutti i ministri delle finanze si dicono consapevoli che senza un piano di salvataggio la UE è morta. I soldi sostengono, ci sono. Bisogna solo trovare il modo di farli arrivare a chi lavora, chi produce, a chi non ha nulla e a chi ha perso quello che aveva. E qui a questo punto, tutto si blocca, nessun accordo. L’Europa resta un’astrazione.

    Tuttavia dobbiamo essere onesti. Il gruppo di paesi capeggiati dalla Germania, è pronto a sbloccare gli aiuti, ma non vuole garantire i debiti per gli altri. Non si fidano. E non si fidano particolarmente dell’Italia, perchè da anni ed anni hanno chiesto agli italiani di rientrare dal suo mega debito pubblico e non solo non lo ha fatto, ma continua a spendere.

    I nostri partner non hanno tutti i torti. È vero che nel 2008 Germania e Francia hanno salvato biecamente le loro banche, al collasso per speculazioni folli. Con i soldi di tutti e anche i nostri. Ma è anche vero che in vent’anni di euro, abbiamo risparmiato mille miliardi di interessi sul debito pubblico. Se avessimo impiegato in modo assennato quei soldi, avremmo dimezzato il debito: invece lo abbiamo aumentato del 30-40%.

    La cosa più grave è che nessuno sa dirci che cosa abbiamo fatto di questo fiume di denaro. Abbiamo aumentato le tasse e ridotto i servizi, non abbiamo investito in ricerca, ci crollano i ponti sotto gli occhi. Abbiamo solo distribuito mancette. Siamo i più vecchi d’Europa ed abbiamo ridotto l’età pensionabile. Abbiamo erogato redditi di cittadinanza ai lavoranti in nero e bonus elettorali. Da secoli parliamo di riforme, sburocratizzazione, velocizzazione della giustizia, miglioramento della scuola, ma non si fa mai nulla per non scontentare statali, magistrati e professori.

    Naturale che quando ci presentiamo in Europa ci guardino come furfanti.

    Allora dicono, noi ci mettiamo la faccia e portafogli solo a determinate condizioni. La prima è che se non pagate i debiti ci pensiamo noi a trovare il modo di farveli pagare. Amministriamo noi tutto quello che avete.

    Tradotto: lo Stato massacrerà i contribuenti onesti per onorare il debito, tagliando le gambe all’economia reale.

    Andrea Curcio

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