In Italia una madre su cinque lascia il lavoro dopo la nascita di un figlio. Secondo i dati dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro e dell’INAPP, nel 2022 sono state 44.699 le madri che hanno rassegnato dimissioni, spesso volontarie, corrispondenti a circa un quinto delle donne lavoratrici in questa condizione. L’INAPP rileva inoltre che solo il 43,6% delle donne tra i 18 e i 49 anni continua a lavorare dopo il parto, con una percentuale che scende al 29% nel Sud e nelle Isole. Il tasso di occupazione femminile tra le madri con bambini sotto i sei anni si attesta intorno al 53,9%, mentre per gli uomini con figli nella stessa fascia di età supera l’89%, confermando uno dei divari di genere più ampi in Europa.
La principale causa delle dimissioni è la difficoltà di conciliare lavoro e cura dei figli: il 52% delle madri che lascia l’impiego indica motivazioni legate proprio alla gestione familiare, seguite da ragioni economiche e contrattuali. La carenza di servizi per l’infanzia, come gli asili nido, insieme ai costi elevati, rappresenta un ostacolo concreto alla permanenza delle madri nel mercato del lavoro. Parallelamente, l’Italia continua a registrare un calo demografico. Nel 2024 sono nati circa 370 mila bambini, il dato più basso mai registrato, e nei primi mesi del 2025 si contano già 10 mila nati in meno rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Tra le cause ci sono la riduzione del numero di donne in età fertile, l’aumento dell’età media del primo figlio (circa 33 anni) e cambiamenti culturali che modificano la percezione della maternità.
Per affrontare queste criticità, il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha proposto l’introduzione di detrazioni fiscali crescenti in base al numero dei figli, con l’obiettivo di ridurre o azzerare la tassazione sullo stipendio delle madri lavoratrici. La misura punta a incentivare il loro rientro dopo il parto, a sostenere la natalità e a garantire la sostenibilità del sistema pensionistico, in un contesto che prevede una riduzione di circa 3 milioni di lavoratori nei prossimi quindici anni. Incrementare la partecipazione femminile al lavoro viene considerato, inoltre, un intervento strategico per la crescita e la tenuta dell’economia nazionale.
Foto di Ömürden Cengiz su Unsplash