Il governo ha approvato il nuovo Decreto Flussi per il triennio 2026-2028, che autorizza l’ingresso in Italia di 497.550 lavoratori immigrati. Nello specifico, sono previsti 164.850 ingressi già nel 2026, destinati a lavori stagionali, non stagionali, colf e badanti, mentre per il 2027 e il 2028 le quote autorizzate saranno rispettivamente di 165.850 e 166.850 ingressi. Si tratta di un numero mai registrato prima in Italia, superiore persino al piano triennale 2023-2025, che aveva programmato complessivamente 452.000 ingressi.
Questa scelta governativa trova conferma nei dati recentemente diffusi da Unioncamere, secondo cui una impresa su tre in Italia prevede di assumere lavoratori provenienti da Paesi extra Ue entro il 2026, oppure lo ha già fatto tra il 2021 e il 2023. La motivazione principale indicata dal 73,5% delle aziende riguarda la difficoltà nel reperire manodopera italiana. Tra le altre ragioni, il 12,6% delle imprese cita la mancanza di giovani dovuta al calo demografico, mentre il 9,4% ritiene che i lavoratori stranieri abbiano competenze tecniche migliori. Solo una quota pari al 3% collega queste assunzioni a motivi di minori costi del lavoro.
A conferma della domanda di forza lavoro straniera, quasi quattro imprese manifatturiere su dieci ad alta tecnologia hanno pianificato o già effettuato assunzioni extra Ue, con il 37,2% delle aziende industriali coinvolte, contro il 27,4% nei servizi. La propensione ad assumere personale non europeo è particolarmente alta nel Nord Est, dove il 36,5% delle imprese ha già assunto o intende assumere lavoratori extra Ue entro il 2026, con valori più elevati in Trentino-Alto Adige (39,1%), Veneto (37,6%) e Friuli-Venezia Giulia (36,8%). Nel Mezzogiorno, invece, la quota si ferma al 28,6%, evidenziando una dinamica meno intensa rispetto al resto del Paese.