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sabato, Luglio 27, 2024
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    Home Prima pagina BONUS EDILIZI, STOP DA UNICREDIT E INTESA

    BONUS EDILIZI, STOP DA UNICREDIT E INTESA

    BONUS EDILIZI, STOP DA UNICREDIT E INTESA
    Stop alla cessione del credito per Unicredit e Intesa Sanpaolo. Le due principali banche italiane dicono no a nuove richieste. Il problema? Una normativa che ha portato al raggiungimento della massima capacità fiscale. E finché non si cambierà passo la situazione rimarrà questa.
    Unicredit e Intesa Sanpaolo bloccano le cessioni dei bonus edilizi, lamentando le enormi problematicità del quadro normativo, che rischia di far collassare il sistema definitivamente. Le cessioni sono infatti ad oggi limitate a tre, ma la seconda e la terza sono riservate esclusivamente a banche, intermediari finanziari e assicurazioni, costringendo i cessionari a rimanere creditori per miliardi di euro. Sono principalmente queste le motivazioni che hanno spinto i due principali istituti di credito del Paese a respingere, da qui ai prossimi mesi, ogni nuova richiesta di cessione del credito in assenza di modifiche normative.
    Banca Unicredit avrebbe infatti riscontrato nei giorni scorsi un elevato volume di richieste, tali da poter comportare il raggiungimento della massima capacità fiscale possibile per la cessione dei crediti, che avrebbe determinato l’avvio di una valutazione interna finalizzata a massimizzare tutte le risorse disponibili e continuare a gestire al meglio i flussi della clientela. Mettere uno stop alle nuove domande è l’unico scenario plausibile, almeno fino a quando non ci sarà la capienza sufficiente per accogliere nuove richieste. Stessa posizione per Intesa Sanpaolo, che ha fatto sapere di aver registrato, ad oggi, domande per circa 20 miliardi di lavori, acquisendo oltre 4 miliardi di crediti fiscali collegati ai bonus edilizi, dei quali circa la metà sono relativi alle imprese che hanno praticato il cosiddetto “sconto in fattura”.
    IL PROBLEMA NORMATIVO
    Il problema normativo si è progressivamente fatto sentire sin dall’introduzione dei bonus, e sta alla base del passo indietro delle banche. Gli ostacoli per i contribuenti che volevano cedere il loro credito sono infatti andati via via progredendo soprattutto a seguito del decreto Antifrodi, in vigore dal 12 novembre scorso, e del decreto Sostegni ter, in vigore dal 27 gennaio, responsabile, quest’ultimo, del taglio dei trasferimenti possibili, ridotti da tre a uno, e dell’abolizione del concetto di moneta fiscale. Da allora altre modifiche normative si sono susseguite, con le cessioni che sono oggi tornate a tre, senza però giungere a un punto di equilibrio sostenibile per i diversi attori. La Camera dei Deputati si è poi attivata per introdurre una quarta cessione, rendendo così il meccanismo più efficace. In questo modo, infatti, si consentirebbe alle banche la possibilità di liberare la loro capienza fiscale, attraverso cessioni ai propri clienti, in modo da non sovraccaricare troppo gli istituti con i crediti fiscali. Le modifiche sono quelle auspicate dalle banche, visto che in assenza di cambiamenti lo scenario tende al cosiddetto “effetto imbuto”. La capienza fiscale massima è infatti stata raggiunta dai due colossi, ma sulla stessa barca potrebbero presto trovarsi anche banche minori, visto che l’ultimo report dell’Enea, aggiornato al 31 marzo, ha fatto emergere come ad oggi le sole detrazioni maturate per lavori da superbonus valgano 18,7 miliardi. A queste vanno poi sommate le detrazioni per gli altri bonus edilizi ed il tax credit per le imprese energivore e a forte consumo di gas naturale, il cui valore ammonterebbe a quasi un miliardo.
    Il mercato appare prossimo alla saturazione, e nuove valvole di sfogo, grazie ad interventi regolativi appaiono indispensabili.
    Giorgio Mollesini

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