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    L’esposizione del crocefisso nelle aule scolastiche una questione ancora aperta. ( Nota a Cass. Sez.Unite civili 9 settembre 2021)

    Lesposizione del crocefisso nelle aule scolastiche una questione ancora aperta.
    ( Nota a Cass. Sez.Unite civili 9 settembre 2021)

     

    Verona 2022
    1. Introduzione                          
    Il 9 settembre del 2021 è stata depositata la sentenza n. 24414 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, che affronta in modo nuovo ed originale la vexata questione della esposizione del crocefisso, simbolo per eccellenza rappresentativo della fede cristiana. Il provvedimento si segnala, nel vasto panorama giurisdizionale che ha interessato la questione, perché riprende in modo approfondito temi dirimenti la convivenza sociale e civile in Italia, da un lato sviluppando e portando acompimento quanto contenuto in altre pronunce, anche di Corti internazionali e dallaltro per la specificità del tema della esposizione del simbolo cristiano, in un ambiente particolare quale quello scolastico.
    La pronuncia è stata definita ponderosa e prismaticache richiederà tempo per essere metabolizzata (e probabilmente avrà ricadute giurisprudenziali multiformi e al momento imprevedibili) (M. Toscano – Stato, Chiese e pluralismo confessionale n. 18 del 2021, pag. 47).
    Altri ha parlato di decisione, per certi aspetti ambigua, che sembrerebbe porre un punto fermo su alcuni aspetti della questione ma ne aprirebbe altri sui quali la soluzione proposta non sembra affatto risolutiva (P.Cavana Stato, Chiese e pluralismo confessionale n. 19 del 2021, pag.2).
    Si propone ai lettori una sua illustrazione, senza pretesa di esaustività di tutti i temi coinvolti, alla luce delle riflessioni che hanno condotto autorevoli commentatori di diritto ecclesiastico.
    2. Il caso concreto
    Si è parlato, per questa pronunzia, che viene resa dopo dieci anni dalle sentenze Lautsi della Corte Europea dei diritti Umani, di un quarto atto della lunga e complicata vicenda relativa al crocefisso nelle aule scolastiche in Italia e questa volta al termine di un episodio,parzialmente differente rispetto a quelli sinora portati allattenzione della giurisdizione nazionale ed europea (C.B. Ceffa Forum di Quaderni Costituzionali n. 4, 2021, pag. 57 e 58). A differenza del passato la contestazione relativa alla presenza del crocefisso nelle aule scolastiche non era stata avanzata da un genitore,ma da un docente della scuola media superiore.
    Questi dissentiva dalla decisione presa a maggioranza dagli studenti, nellassemblea di classe, volta amantenere esposto il crocefisso. La risoluzione era stata recepita da una circolare del dirigente scolastico, alla quale il docente non si era attenuto, rimuovendo il crocefisso e ricollocandolo dopo avere svolto la lezione; anzi non veniva neppure rispettato lordine di serviziodel dirigente scolastico col quale lo si invitava a dare esecuzione alla delibera dellassemblea di classe.Linsegnante per questo comportamento, era sanzionato disciplinarmente con la sospensione dal servizio per trenta giorni.
    Ricorreva allora al Giudice del lavoro del Tribunale di Terni e successivamente alla Corte di Appello di Perugia, lamentando sia la violazione della propria libertà di coscienza in materia religiosa, sia la natura discriminatoria della sanzione irrogata. La questione interessava successivamente la Corte di Cassazione (poiché i rilievi dellinsegnante non erano stati accolti dai giudici di merito) e precisamente alla sua Sezione lavoro.
    Quest ultima rimetteva gli atti al Primo Presidente per lassegnazione alle Sezioni Unite, sul rilievo che il ricorso prospetta una questione di massima di particolare rilevanza, che involge il bilanciamento, in ambito scolastico, fra le libertà ed i diritti tutelati rispettivamente dagli art. 1 e 2 del d.lgs. n. 297 del 1994, che garantiscono, da un lato la libertà di insegnamento, intesa come autonomia didattica e libera espressione culturale del docente, e, dallaltro, il rispetto della coscienza civile e morale degli alunni.Linterrogativo riguarda i modi di risoluzione di un eventuale conflitto e la possibilità di far prevalere luna o laltra libertà nei casi in cui le stesse si pongano in contrasto fra loro (Così v. fatti di causa della Sentenza).
    Lordinanza di rimessione precisava che occorresse confrontarsi, tenendo conto delle posizioni espresse dalla giurisprudenza, con il significato del simbolo, con il principio di laicità dello Stato e con la tutela della libertà religiosa, e interrogarsi sul carattere discriminatorio di atti o comportamenti del datore di lavoro che in ragione del credo, pongono un lavoratore in posizione di svantaggio rispetto agli altri.
    Il Primo Presidente disponeva lassegnazione della causa alle Sezioni Unite.
    3. Il concetto di laicità che la sentenza recepisce
    La sentenza si richiama allorigine storica della normativa sul crocefisso nelle aule scolastiche e afferma che la sua imposizione come obbligatoria, per effetto di un decreto legislativo (provvedimento amministrativo a carattere generale) sarebbe in contrasto con il principio di laicità dello Stato e delle confessioni religiose e lequidistanza delle pubbliche istituzioni rispetto a tutte le confessioni (P. Cavana op. ult. cit, pag. 4). I giudici affermano però che ciò non implica un divieto assoluto del crocefisso nella scuola pubblica, la cui affissione pessere ammessa su richiesta degli alunni nellambito dellautonomia delle singole istituzioni scolastiche.
    La motivazione così stabilisce deve escludersi che la presenza del simbolo, quando derivi da una richiesta degli studenti in quello spazio pubblico peculiare nel quale essi imparano a convivere insieme e a formarsi culturalmente, qualifichi tirannicamente lesercizio della attività che in esso si svolge. E si aggiunge lesposizione del simbolo è inidonea, tenuto conto del contesto di riferimento, a costituire una forma di proselitismo attivo o di indottrinamento. Il crocefissonon presenta una invasività psicologica tale da condizionare indebitamente il rapporto educativo tra allievi, genitori e istituto scolastico () La libertà di insegnamento del docente presidio di pluralismo culturale e di Stato democratico non ne rimane affatto incisa o toccata.
    Di fronte al dubbio che possa esserci un insanabile contrasto tra la norma regolamentare che impone laffissione del crocefisso nella scuola pubblica e la Costituzione (nella specie col principio di laicità) i Supremi Giudici affermano che lart. 118 del r.d. 30 aprile 1924 n. 965 sia suscettibile di essere interpetrato in senso conforme alla Costituzione (punto 11.4 della sentenza in esame) e non disapplicato, come succedenormalmente, per gli atti amministrativi contrari alla legge. Comè noto però la laicità si traduce in una situazione giuridica correlata con la tutela di interessi super- individuali, solo indirettamente destinati a riflettersi sulla posizione del singolo. Un autore porta lesempio del caso del giudice Tosti che fu sanzionato perché pretendeva che in tutte le aule di Tribunale si togliessero i crocefissi, anche se gliene era stata riservata, per svolgere udienza, una priva dellarredo (A. Licastro Stato e Chiese e pluralismo confessionale n. 21 del 2021, pag. 28).
    Nonostante la posizione personale non fosse stata incisa,si sarebbe potuto ritenere che la soluzione realizzata (espungere temporaneamente il crocefisso dallaula) violasse il principio di libertà di coscienza e quello di laicità. Questa visione è stata definitivamente superata dalla sentenza in oggetto, poiché le Sezioni Unite hanno ritenuto di poter intervenire sulla questione del contrasto col principio di laicità, quale che fosse la connotazione strutturale dellinteresse sotteso alla situazione giuridica,di cui si rivendicava il rispetto. La scelta di non ricorrere alla disapplicazione della norma regolamentare, deve fare ritenere che questa presenti dei margini di adattabilità. La conservazione della norma (che ha raggiunto indenne i quasi cento anni di vita) sarebbe dovuta al fatto che la materia per il suo rilievo sociologico e morale, interferendo con sentimenti religiosi profondamente radicati nella popolazione italiana, rifletta esigenze, ben superiori al valore delle fonti legislative che sono coinvolte (A. Licastro, op. ult. cit., pag. 29).
    La sentenza (si veda a questo proposito la soluzione proposta dai giudici) sembra auspicare una laicità pluralista, che garantisca la libertà di religione in regime di pluralismo confessionale e culturale, rifuggendo sia la laicità monoculturale alla francese (che comporta la soluzione della parete nuda) il muro denudato permandato statale che non è certo più neutrale che avere un crocefisso sul muro (J.H.H. Weiler Quaderni costituzionali 2010, p. 153 e Forum di quaderni costituzionali.it n. 2, 2021 pag. 122).
    Secondo un modello di laicità comunitarista, propriadelle autorità culturali o delle maggioranze che decidono allinterno di ogni comunità, ogni classe o anche ogni istituto scolastico, potrebbe decidere se esporre o non il crocefisso.
    Nella laicità pluralista si tende alla mediazione del conflitto, valorizzando la libertà delle differenze di credo o convinzione. Alla luce di questa accezione della laicitàoccorre distinguere tra lo spazio pubblico territoriale(spazio della vita quotidiana) e spazio pubblicoistituzionale in cui si esercitano i poteri costituiti (legislazione, amministrazione, giustizia). Nel primo vige la libertà di esposizione dei simboli, nel secondo la libertà, anche di abbigliamento, può subire restrizioni e divieti per ragioni di ordine pubblico, (secondo la giurisprudenza della Cedu). Se queste esigenze non sussistono, il principio della neutralità dello spazio pubblico, non legittima la misura restrittiva della libertà religiosa. (N. Colajanni Stato e Chiese e pluralismo confessionale n. 12 del 2021, pag. 7-9).
    4. Il crocefisso
    In Italia, come si diceva, lesposizione del crocefisso è prevista da norma regolamentare contenuta nellart. 118 del r.d. 30 aprile 1924 n. 965; la disposizione prevede che del crocefisso siano dotate le aule di tutte le scuole inferiori e superiori. Tale disposizione trovava fondamento nellart. 1 dello Statuto Albertino, che stabiliva che la religione cattolica fosse lunica religione dello Stato. La norma era richiamata dallart. 1 del Trattato che costituiva parte dei Patti Lateranensi. Trattasi di principio implicitamente abrogato per incompatibilità con quello costituzionale di uguale libertà di tutte le Confessioni religiose stabilito dallart. 8, comma 1 della Costituzione Repubblicana. La sua abrogazione è stabilita dal protocollo addizionale di revisione del concordato lateranense del 1984, reso esecutivo in Italia dalla L. n. 121/1985 che stabilisce si considera non più in vigore il principio, originariamente richiamato dai Patti lateranensi, della religione cattolica come sola religione dello Stato italiano.
    La disposizione regolamentare sarebbe quindi priva di base legislativa, considerata in contrasto col principio di laicità dello Stato; a parere di Colajanni lesposizione del crocefisso non è più atto dovuto ma mero fatto improduttivo di effetti giuridici (abbiamo visto che non tutta la dottrina e la stessa sentenza in commento concordano con questa impostazione). Per un modello monista di laicità solo la parete nuda, senza simboli religiosi culturalmente orientati, garantirebbe la libertà di coscienza, di coloro che frequentano gli spazi pubblici e linsegnante non dovrebbe veicolare col suo abbigliamento il suo credo religioso (regola Dahlab).
    Per la sentenza Lautsi di primo grado il crocefisso è un simbolo religioso e occorre rispettare il valore della scuola come luogo di incontro delle differenti religioni e convinzioni filosofiche; gli studenti devono poter acquisire liberamente le conoscenze relative al pensiero e alle diverse tradizioni culturali. Ma per la sentenzaLautsi di secondo grado (della Grande Camera) il simbolo è si religioso, ma non può influire sulla coscienza degli studenti e anzi, riformando la condanna dellItalia, si utilizza, oltre alla dottrina interpretativa del margine di apprezzamento nazionale, anche la circostanza che nella scuola italiana non vi è spazio per processi di indottrinamento, si prevede la possibilità di insegnamenti opzionali, linsegnamento della religione cattolica non è obbligatorio e quindi non è ostacolato il pluralismo educativo. La Grande Camera introduce largomentazione del crocefisso come simbolo essenzialmente passivo, a differenza degli abbigliamenti e dei simboli religiosi portati sul corpo.
    Nel procedimento giurisdizionale che si viene a commentare e che ha portato alla sentenza della Cassazione a Sezioni Unite, si abbraccia una soluzione che trova un riferimento comparato nella Legge Bavarese del 23 dicembre 1995, che allart. 7 prevede un tentativo di mediazione, svolto dal dirigente scolastico, quando nella classe sussista un contrasto circa lesposizione di un simbolo religioso; la conciliazione-mediazione deve realizzare la libertà di coscienza dei dissenzienti. Se la procedura ha esiti negativi, lo stesso funzionario detta una regola concreta che tiene conto per quanto possibile della volontà della maggioranza. La legge bavarese suggerisce un procedimento in cui non è la regola della maggioranza aritmetica a prevalere,ma la necessità di realizzare un equo contemperamento sentite tutte le parti: in questioni di coscienza il dominiodei più non può prevalere, poiché la coscienza di ogni persona (anche in minoranza numerica) va protetta. Aggiunge lautore citato E perciò la coscienza, tanto più se religiosa, non può essere messa ai voti, appartiene alla sfera dello indecidibile(N. Colajanni op. ult. cit. 18).
    5. Il ragionevole accomodamento per la esposizione del crocefisso
    Le S.U. dunque forniscono una interpretazione costituzionalmente evoluta della disposizione regolamentare sul crocefisso, affermando che lart. 118 non può essere inteso come implicante lobbligo di esposizione del crocefisso, ma è suscettibile di esprimere un significato conforme al nuovo contesto () in base ad una interpretazione evolutiva che tramuta lobbligo di esposizione in una facoltà, affidando alle singole comunità scolastiche, la decisione circa la presenza dei simboli religiosi nelle proprie aule .
    La portata originaria della disposizione viene superata sia perché la presenza del crocefisso non è più automatica, ma viene condizionata allesperimento di un confronto mediato nella forma dellaccomodamento ragionevole sia perché cè ora spazio per una interpretazione estensiva in direzione della pluralità di simboli.
    Laffissione obbligatoria comporta un vero e proprio crocefisso di Stato, non più ammissibile. Adesso invece (punto 12.1) la parete dellaula nasce bianca, può rimanere tale ma può anche non restare spoglia. Il crocefisso adesso può restare (o riapparire) solo allesito del processo di mediazione in seno alla comunità scolastica.
    Ciò vale anche per gli altri simboli religiosi o non-religiosi; lesposizione è possibile ma sospensivamente condizionata a una deliberazione che scaturisca da un confronto aperto e paritario fra tutti i soggetti interessati,da condursi con il metodo della ricerca del più ampio consenso (punto 12.1).
    Soggetto interessato nel quale svolgere il confronto è la comunità scolastica e cioè tutti coloro che possano vantare situazioni soggettive legate alla fruizione del simbolo: studenti, genitori, docenti, personale scolastico. La decisione suggerisce un approccio che evita di assolutizzare i diritti individuali, utilizzando la soluzione maggioritaria (che per alcuni sarebbe, riconducibile allac.d. soluzione bavarese) solo come extrema ratio.Occorre evitare tanto un potere individuale di veto, sia che i diritti delle minoranze vengano conculcati dalle maggioranze. Le forme del confronto non vengonodunque tipizzate. (M. Toscano in Stato e Chiese e pluralismo confessionale n. 18 del 2021, pag. 55-59).
    La sentenza sulla base della premessa che il parere del dissenziente non era stato tenuto in considerazione,annulla la sanzione comminata, almeno per la parte che riguarda la mancata osservanza della circolare del dirigente scolastico relativa alla esposizione del crocefisso. Il Collegio nega nello stesso tempo lesistenza di una discriminazione, muovendo dalla considerazione del crocefisso, quale simbolo passivo eaffisso non dallo Stato di sua spontanea volontà, ma a seguito di una richiesta degli alunni, facendo così cadere ogni legame tra esposizione del simbolo e insegnamento impartito dalla Pubblica Amministrazione, che solo avrebbe potuto fare ritenere integrata una discriminazione indiretta.
    6. Conclusioni
    La tematica del crocefisso investe la questione del diritto allistruzione, in una società democratica, che deve essere aperta ai valori, non meramente propositiva di formule precostituite o avulsa da contenuti propositivi, fecondi e aperti alla realtà del nostro vivere collettivo. La sentenza cerca di risolvere il problema del chi debba influire su questi contenuti: la comunità dei discenti, dei docenti, delle famiglie e del come essi debbano essere stabiliti, mediante quali strumenti legittimi. Vi è la necessità che la famiglia, la società, il corpo discente e docente, lamministrazione, si rappresentino come comunità educante in una sinergia di relazioni reciproche, salvo il limite dellindottrinamento precostituito; ciò si traduce nella necessità che la proposizione dei valori educativi, non avvenga in modo univoco e in direzione di una sola opzione, ma sia ampia e articolata, rappresentativa di tutte le idee e culture presenti nella società e democraticamente determinate.
    CESARE AUGUSTO PLACANICA

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