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sabato, Luglio 27, 2024
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    Home Economia “Tre mesi senza soldi. Ci siamo anche noi!”

    “Tre mesi senza soldi. Ci siamo anche noi!”

    Il grido di protesta degli addetti alle mense scolastiche, tra i grandi dimenticati del Governo. Fis in ritardo da tre mesi e incertezza sul futuro.

    Una situazione, da tre mesi, in bilico tra ammortizzatori sociali che tardano ad arrivare e l’incertezza sul futuro, con contratti sospesi durante il periodo estivo alle porte e scuole a parziale regime per settembre. Così, nel limbo, rimane in sospeso la sorte di migliaia di lavoratori – la stragrande maggioranza donne – occupati nel settore delle mense scolastiche.

    Non vogliamo più essere invisibili” è il grido d’aiuto che si legge in un cartello portato appeso al collo da alcune lavoratrici scese in piazza a Genova nei giorni scorsi, sotto il palazzo della Regione, per rendere manifesta l’esasperazione di tre mesi senza salario e senza nemmeno il Fondo di Integrazione Sociale. Una fotografia che ben rappresenta un’altra parte dei grandi dimenticati dal Governo, nonostante il ministro del lavoro e delle politiche sociali, Nunzia Catalfo, tweetti con entusiasmo che “tra gli obiettivi che il Governo si è posto con i provvedimenti finora messi in campo c’è la protezione sociale di lavoratori e famiglie”, salutando orgogliosamente le 20mila domande di reddito di emergenza pervenute all’Inps non appena attivato il servizio.

    Lungo tutto lo stivale, sono migliaia i lavoratori che operano all’interno delle mense scolastiche rimasti a casa a seguito della chiusura di tutti gli istituti di ogni ordine e grado, secondo le misure di contenimento del contagio da Covid-19. Chi dal 23 febbraio nelle zone rosse della Lombardia, seguiti a ruota da tutti gli altri a partire dal 5 marzo. “Fin dai primi giorni ci siamo immediatamente attivati con le aziende titolari degli appalti della ristorazione scolastica – spiega la Filcams CGIL Nazionale – abbiamo fatto incontri che si sono conclusi, in molti casi, con la sottoscrizione di verbali di accordo che hanno previsto l’attivazione del FIS e concordato l’anticipo, da parte delle imprese, dell’assegno ordinario per non lasciare i lavoratori senza reddito”. Un risultato importante che ha garantito la sicurezza per molti dei lavoratori del settore, che però non ha riguardato tutti: “Abbiamo dovuto registrare anche mancati accordi – prosegue il sindacato – con imprese, italiane e multinazionali, che non si sono volute assumere la responsabilità verso i propri lavoratori”.

    Per questi ultimi l’attesa non è ancora terminata, sono ancora pochi quelli che cominciano a vedere – a fine maggio – l’arrivo del Fis sul conto corrente. Dal gruppo Facebook #Addette Mensa Unite#, che conta 8500 membri, qualcuna posta la foto dell’estratto conto ridotto all’osso, poco più di 30 euro, per chiarire una volta per tutte quale sia la reale situazione di molte di loro. In un settore a prevalenza femminile, a farne le spese sono soprattutto le donne, madri e in non rari casi monoreddito, costrette a scegliere se fare la spesa o pagare le bollette. Con la beffa, fino al penultimo dpcm, dell’incompatibilità del Fis con gli assegni familiari, risolta con l’ultimo decreto.

    La situazione rimane però drammatica perché i lavoratori di questo settore partono già in posizione svantaggiata, con contratti ad orario settimanale ridotto, che vengono poi sospesi al termine dell’anno scolastico per essere ripresi con l’inizio di quello successivo. “Una tipologia contrattuale, quella del part time verticale, che vede coinvolta la maggioranza degli addetti del settore – sottolinea il sindacato – per i quali, quest’anno, la situazione sarà aggravata dal fatto di non aver potuto contare su retribuzioni piene a partire dal mese di marzo e su cui è necessario trovare una soluzione”.

    Su di loro grava anche l’incognita per la ripresa dell’anno scolastico a settembre, con ogni probabilità – stando a quanto reso noto finora dal ministro dell’istruzione – non a pieno regime. Il che si tradurrebbe in mense dimezzate e conseguente dimezzamento del personale.

    Nel frattempo la protesta che si agita lungo tutto lo stivale si concentrerà in alcune piazze italiane, già fissata a martedì quella a Roma in piazza del Campidoglio.

    Micol Mulè

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