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    Il grido d’allarme degli agriturismi

    Coldiretti Lombardia chiede lo stato di calamità per gli oltre 1600 agriturismi sul territorio. Anticipare la riapertura è d’obbligo per evitare il disastro.

    Stato di calamità per gli agriturismi lombardi. Questa è la richiesta avanzata alla Regione da Coldiretti Lombardia, un grido d’allarme degli oltre 1600 agriturismi dislocati sul territorio, che dopo quasi due mesi di lockdown si trovano a dover fare i conti con una situazione vicina al collasso, con picchi negativi che rasentano il -100% dell’attività.

    Coldiretti è molto chiara, o si anticipa la ripresa o per il settore la fase 2 corrisponderà alla fase terminale delle attività. Aspettare giugno, come previsto dalle disposizioni del Governo, significherebbe mettere definitivamente in ginocchio gli agriturismi, che già in questi due mesi hanno subito perdite consistenti come conseguenza delle mancate prenotazioni legate alle festività pasquali, ai ponti primaverili e alle sospensioni di tutte le cerimonie quali comunioni, cresime, battesimi e matrimoni, che per il settore rappresentano un canale di guadagno fondamentale. Senza contare che parte dell’attività delle aziende serve la ristorazione, anch’essa bloccata e tra le ultime a ripartire. Non solo, con il lockdown sono venute meno anche tutte le attività connesse al territorio, come ad esempio la collaborazione con le scuole per le attività di fattoria didattica, ormai appuntamento fisso in particolare durante la stagione primaverile.

    Un duro colpo da cui difficilmente il settore riuscirà a riprendersi, a maggior ragione se lo stop dovesse protrarsi fino al mese di giugno, nonostante numerosi gestori abbiano cercato di reinventare la loro attività attraverso le consegne dei pasti a domicilio. Iniziative lodevoli ma non sufficienti per garantire la ripresa, denuncia Coldiretti, secondo cui occorre ben altro per scongiurare il crack, considerando oltretutto che non tutte le aziende – come quelle collocate in zone isolate – possono percorrere questa strada e a poco vale la possibilità di vendita diretta al consumatore dei prodotti agricoli, penalizzata dalle limitazioni agli spostamenti e dalla collocazione fuori mano degli agriturismi.

    Dalle prime stime di Coldiretti, le perdite del settore nella sola provincia di Bergamo – che conta 170 attività per 1000 posti letto, 9000 coperti e oltre 700 occupati – si attestano nell’ordine dei 6 milioni di euro. Non va meglio nemmeno nel resto del Paese, dove Coldiretti sta studiando un piano che prevede risorse economiche a supporto delle aziende e misure straordinarie, tra cui l’annullamento delle imposte locali e della tassa di soggiorno, oltre ad una serie di semplificazioni burocratiche in ambito edilizio per consentire l’adeguamento in tempi brevi delle strutture alle nuove disposizioni di sicurezza e una regolamentazione omogenea per l’attività di delivery.

    L’unica via d’uscita dalla catastrofe è anticipare la ripresa, senza se e senza ma: “È necessario ripartire al più presto riaprendo i cancelli delle cascine, i percorsi naturalistici e gli spazi a tavola dove assaggiare le specialità della tradizione contadina e dell’enogastronomia made in Italy”, sottolinea Coldiretti. Posizione giustificata anche, e soprattutto, dalla stessa collocazione degli agriturismi, dislocati per la stragrande maggioranza in zone rurali, dove dominano aree verdi molto ampie e le stesse strutture, in prevalenza cascine, consentono una gestione degli spazi adeguata a soddisfare le misure di sicurezza sanitaria, sia nella ristorazione che nel pernottamento. A volerlo, le condizioni per anticipare la ripresa in sicurezza ci sarebbero tutte.

    Micol Mulè

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