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    Battaglia sul debito USA: soluzione all’italiana?

    Battaglia sul debito USA: soluzione all’italiana?
    Gli italiani sono abituati a convivere, quasi rassegnati, con la spada di Damocle dei conti pubblici in rosso e una spesa per mantenere l’apparato statale che sistematicamente saccheggia le tasche dei contribuenti, dal momento che sette mesi di stipendio su dodici vengono restituiti in tasse.
    Ma anche nella terra dello zio Sam, gli USA, la situazione non è molto migliore.
    E non è la prima volta.
    E’ notizia di attualità che gli Stati Uniti stiano per superare il tetto del loro debito pubblico. Negli Stati Uniti, infatti, una legge approvata dal Congresso stabilisce un tetto massimo al debito che le amministrazioni federali possono contrarre, ma dalla crisi finanziaria scatenata nel 2008 dal fallimento di Lehman Brothers ad oggi il tetto di spesa fissato per legge è stato sforato diverse volte: tecnicamente si chiama default, cioè fallimento delle casse federali.
    Poiché anche oltreoceano lo Stato non può fallire, i governi americani sono costretti ad aumentarsi il tetto del debito per evitare il ‘default tecnico’.
    Per fare questa operazione di rifinanziamento del debito pubblico occorre il via libera del Congresso, chiamato a dare il via libera entro ottobre.
    Diversamente, sarà inevitabile lo shutdown dei servizi federali conparchi nazionali chiusi, dipendenti delle amministrazioni federali a casa senza stipendio e numerosi uffici chiusi.
    La storia recente americana ci consegna situazioni drammatiche: Trump in quattro anni di mandato ha procurato ben tre shutdown, Barack Obama nel 2013 ha chiuso i conti in rosso, nonostante promesse miracolose.
    Nonostante la grande capacità dell’economia americana di riprendersi con grande rapidità, queste ripetute situazioni di deficit negli ultimi anni evidenziano la difficoltà a tenere a bada la crescita spropositata dei debiti degli Stati. Da qui le ripercussioni sui tagli agli armamenti, le politiche protezionistiche e i dazi doganali; misure di corto respiro e non efficaci a ridurre il costo della macchina pubblica a stelle e strisce.
    Gli analisti, forse anche per non stressare i mercati finanziari, ritengono che alla fine il Congresso troverà un accordo e non ci saranno scossoni nell’economia dei 52 stati federali.
    La fattibilità tecnica dell’aumento del tetto di spesa pubblica dovrà comunque avere l’ok dalla Federal Reserve, la banca centrale americana.
    Lo scenario in caso contrario è da brividi. A cavallo tra il 2018 e il 2019, in attesa delle decisioni del Congresso, per 35 giorni, ilperiodo più lungo della storia degli Stati Uniti, quasi un milione di impiegati restarono a casa senza stipendio, con conseguenze gravi su pagamenti di mutui e di qualsiasi altra spesa.
    Il turismo, a causa della chiusura dei grandi parchi federali subì un contraccolpo economico che causò ulteriori fallimenti e licenziamenti nel settore recettivo.
    Come se non bastasse, si registrò anche l’interruzione dei servizi delle pubbliche amministrazioni federali.
    Quel mese di chiusura portò anche al segno negativo del PIL nel primo trimestre del 2019.
    In attesa che il governo federale trovi la strada per aumentare il tetto di spesa i mercati inevitabilmente cominciano a manifestare segni di nervosismo e di instabilità.
    La discussione sui banchi della politica è incentrata sulle cifre necessarie per coprire l’ammanco, ma maggioranza e opposizione sono concordi sulla necessità di procedere verso l’innalzamento della barriera economica fissata dalla legge.
    I partiti sembrerebbero orientati a concedere un incremento di spesa pari a circa 1.000 miliari di dollari per gli investimenti nelle infrastrutture, anche oltreoceano la ricetta per creare il volano della ripresa ed evitare una nuova crisi.
    Ma il fabbisogno è ben maggiore, pari a circa ulteriori 3.500 miliardi che dovrebbero finanziare gli investimenti per la transizione energetica e i costi delle politiche sociali, da sempre molto meno generose rispetto alle politiche dei paesi europei (basti pensare all’assenza di una sanità pubblica e di una previdenza pensionistica).
    Ovviamente qualunque cifra venga decisa dal Congresso avrà un costo che dovrà garantire la copertura nel tempo dell’indebitamento necessario a evitare il fallimento della più grande economia mondiale. Quindi qualcuno dovrà pagare. Chi?
    Biden ha avanzato una proposta destinata a destabilizzare ulteriormente gli USA: aumentiamo le tasse, partendo dai più ricchi e via via fino a coprire il fabbisogno.
    Vedremo quali saranno le prossime mosse e come si evolverà la situazione americana nei prossimi tempi.
    Pietro Broccanello

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