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    Green Pass. Sulle interpretazioni rocambolesche

    Green Pass. Sulle interpretazioni rocambolesche.
    Le vacanze volgono al termine. Come di consueto abbiamo riposato, ma siamo ancora stanchi. Stanchissimi. Abbiamo svuotato l’auto (o il van), portato le bici a fare un po’ di manutenzione, consegnato i souvenir ad amici e famigliari. Il cestello della lavatrice ha già percorso decine di migliaia di giri e purtroppo non si trovano più quelle pinne rosse che i figli “giurano” di aver riposto correttamente nel bagagliaio. Abbiamo percorso decine di migliaia di chilometri da nord a sud della penisola. Visitato posti bellissimi, spiagge cristalline e parchi verdissimi. Parlato con decine di persone, con le quali spesso si discorreva dello stato delle cose in Italia. Del lavoro, del vaccino, del Green Pass. Ecco, del Green Pass. Argomento sulla bocca di tutti, ma nella testa di pochi. Non mi credete? Vi lascio alcune delle interpretazioni più rocambolesche raccolte durante le ferie. A voi la libertà di sospettare che alcune (non tutte ahimé) siano interpretazioni di fantasia.
    1. Il Green Pass non è un nullaosta che permette di parcheggiare l’auto ovunque. Nemmeno nei diffusissimi casi (durante le vacanze) di presunta emergenza di fronte al panettiere della località di villeggiatura, alle sette del mattino. Se volevi andare in gita presto, preparavi il pic-nic il giorno precedente.
    2. Il Green Pass non è una strategia per saltare la fila al supermercato. Nemmeno se sei una gestante (in quel caso esiste una corsia preferenziale). Men che meno se hai messo nel carrello esclusivamente prodotti eco-sostenibili.
    3. Il Green Pass, nonostante l’aggettivo, non è indispensabile per partecipare ai festeggiamenti di San Patrizio. In quel caso si può optare, più semplicemente, per un dress code verde. E semmai ricordarsi di bere tanta birra.
    4. Il Green Pass non concede l’accesso a tutti i campeggi d’europa per via del suo nome “equivoco”. Per “passare” delle vacanze “green” servono coscienza e un po’ di senso civico. Oltre che l’abitudine a raccogliere i rifiuti in maniera differenziata.
    5. Il Green Pass non è l’equivalente dell’abbonamento alle partite dei Boston Celtics. In quel caso, per accedere agli stadi la vaccinazione rimane obbligatoria. Indossare un capo verde rimane un buon suggerimento per fare il tifo alla propria squadra.
    6. Il Green Pass non implica mai la condivisione di dati personali. Quelli sono già stati acquisiti da Facebook, Instagram e WhatsApp. E per eliminare il profilo di TikTok dove balli YMCA in pantaloncini durante l’orario di smart-working è troppo tardi.
    7. Il Green Pass non puoi averlo senza vaccinazione. Nemmeno se te lo procura quel tuttofare di tuo cugino. Anzi, se il Green Pass l’ha stampato tuo cugino, controlla il QR code: è molto probabile che inquadrandolo, si raggiunga un market place dove tuo cugino ha messo in vendita la moto. La moto di qualcun altro.
    8. Essere guarito dal Covid-19 non significa che non hai bisogno del Green Pass. Potresti ammalarti di nuovo. Tuttavia, se insisti nello spiegare agli amici che il Green Pass non serve, potresti avere un’altro disturbo. O essere un no-vax.
    9. Il Green Pass non ti rende invulnerabile. Quella è una proprietà destinata a pochi eletti tra i personaggi di fantasia dell’universo Marvel: Thor, Hulk, Capitan America, Berlusconi.
    10. Il Green Pass non implica mai l’abolizione della mascherina, soprattutto nei luoghi al chiuso. La mascherina rimane un modo intelligente per proteggerci dal virus e prevenire il contagio. Anche dopo Carnevale.
    Marco Menoncello

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