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    Milano, c’è un’emergenza nell’emergenza: i nuovi poveri

    9mila persone si affacciano alla soglia della povertà secondo il rapporto di Caritas Ambrosiana. In crescita gli accessi del ceto medio ai centri di ascolto. Gualzetti: Se non vogliamo che la crisi sociale esploda in maniera conflittuale, dovremo rivedere il sistema di aiuti.

    C’è un male insidioso che corre, rapido e silente, tra le pieghe della ricca Milano e porta allo scoperto la fragilità del suo tessuto sociale. È la povertà che, all’ombra dei grattacieli, attanaglia nella sua morsa nuove fasce di popolazione, messe a dura prova dagli effetti dell’emergenza sanitaria.

    Sono 9mila i nuovi poveri che hanno richiesto assistenza presso i centri di ascolto Caritas dislocati sul territorio del capoluogo milanese. È quanto emerge dal rapporto Caritas “La povertà nella Diocesi ambrosiana”, secondo il quale sono soprattutto donne e immigrati regolari, d’età compresa tra i 35 e i 54 anni, che faticano ad avere le risorse necessarie per poter fare la spesa e pagare affitto e bollette, nonostante alcuni di loro avessero diritto agli ammortizzatori sociali.

    I mesi di lockdown hanno evidenziato un ulteriore impoverimento delle fasce già fragili prima dell’emergenza sanitaria, ma il dato allarmante riguarda i nuovi volti che ora si affacciano alla soglia della povertà. È il ceto medio, quello che nei mesi scorsi ha potuto attingere ai risparmi ma che ora non ha più le risorse necessarie per far fronte alle esigenze della famiglia e bussa per la prima volta ai centri di ascolto per le sopravvenute necessità dovute alla seconda ondata della pandemia.

    Se prima dell’emergenza coronavirus, nel 2019, il numero di occupati che si rivolgevano alla Caritas si attestavano al 19%, oggi il dato è salito al 33,4%, di cui la maggior parte lavoratori in cassa integrazione che non sono riusciti ad ottenere le somme di denaro nei tempi necessari per provvedere alle spese correnti. Tra loro, come era prevedibile, gli occupati del settore della ristorazione, dell’ospitalità e dei servizi alla persona, badanti e colf soprattutto.

    “Gli ammortizzatori sociali si sono rivelati strumenti troppo deboli e inefficienti”, ha dichiarato il direttore della Caritas Ambrosiana, Luciano Gualzetti, puntando il dito contro i ritardi nelle erogazioni e l’esiguità delle risorse stanziate in rapporto al costo della vita in una città come Milano. “Se non vogliamo che la crisi sociale esploda in maniera conflittuale dovremo rivedere il sistema di aiuti”, è il monito.

    Intanto Milano rimette in moto la macchina della solidarietà. In uno dei quartieri più critici, il Giambellino-Lorenteggio, si riattiva il Fondo Emergenza nato durante il primo lockdown per rispondere alle necessità degli abitanti della zona, che nel giro di due mesi ha raccolto oltre 110mila euro tra prodotti e donazioni. Nascono poi nuovi progetti, come QuBì – con il sostegno di Fondazione Cariplo – per coordinare gli aiuti alle famiglie e reperire supporti informatici da destinare ai ragazzi del quartiere per consentire lo svolgimento delle lezioni a distanza. Riparte anche il servizio “Milano Aiuta”, la rete costituita da volontari, aziende e privato sociale per fornire un aiuto concreto ai cittadini milanesi anche in questa seconda fase dell’emergenza.

    Micol Mulè

     

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