lunedì, Aprile 29, 2024
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    Salute mentale post isolamento

    Salute mentale post isolamento

    Impatti negativi dell’isolamento sociale sulla psiche dei lavoratori e non solo.

    Intervista alla Dott.ssa Maria Mirabelli, psicologa clinica e forense, psicoterapeuta.

     

    • Quali sono secondo lei i disagi psicologici che crea un lungo periodo di isolamento sociale come quello vissuto a causa del coronavirus?

    Quella vissuta per il Covid è un’esperienza che comporta la perdita della libertà individuale, la separazione dagli affetti ed uno stato di incertezza sulla salute e sul futuro, considerando che l’evento è accaduto senza nessun preavviso. Le persone si sono ritrovate a dover cambiare la propria quotidianità ed il proprio stile di vita repentinamente e ciò comporta degli effetti di stress non indifferenti. Si sono sviluppati sentimenti come la rabbia, comportamenti fobici di evitamento per la paura di poter essere contagiati, l’ansia e la frustrazione; emozioni che sono presenti soprattutto in quei soggetti che per un lungo si sono sottoposti all’isolamento e quindi al distanziamento sociale.

    Inoltre dobbiamo considerare che incidono molto sia la personalità del soggetto che la situazione vissuta in quel determinato momento: pensiamo al personale sanitario, ad esempio, che si è ritrovato a confrontarsi con pazienti affetti da coronavirus. E’ normale che lo stress sia stato molto più alto e si siano sviluppati dei tratti fobici, sia per la paura di essere contagiati e di contagiare i propri familiari, che per l’obbligo di restare distanti da questi ultimi.

     

    • Quali crede siano state le categorie maggiormente colpite?

    Sicuramente quella degli operatori sanitari, del personale dei supermercati e di tutte quelle persone che hanno avuto più contatto con altri e di conseguenza hanno sviluppato grandi angosce ed incertezze dovuti alla paura, stress per mancanza del contatto sociale e per il peso della convivenza o della solitudine, a seconda della situazione: pensiamo a soggetti che vivevano conflitti familiari di coppia che si sono poi ritrovati costretti a vivere con l’altra persona e quindi i conflitti si sono amplificati, oppure alle persone che vivevano da sole e non hanno potuto rapportarsi con nessuno se non attraverso la tecnologia.

     

    • Alcuni suoi colleghi, collaboratori del Tavolo Tecnico sulla sicurezza sul Lavoro di ENPAP, qualche giorno fa, hanno affermato che “la qualità di vita e di lavoro dopo il coronavirus richiederà attenzioni particolari di cui occorre essere consapevoli”. In che modo secondo lei deve avvenire il cambiamento dell’organizzazione del lavoro?

    E’ cambiato lo stile e sono cambiate le modalità del lavoro, sia durante il lockdown che successivamente. Parecchie persone che sono andate in smart working, che sembrerebbe essere positivo da un certo punto di vista, allo stesso tempo però hanno visto cambiare gli orari di lavoro che potevano essere più intensi, senza poter mai effettivamente staccare né dall’ambiente familiare né da quello lavorativo. Notevole impatto ha avuto, purtroppo, anche la crisi economica per i lavoratori, che hanno visto perdere la loro fonte di sostentamento: pensiamo ad esempio ad i liberi professionisti, dove il bonus non ha potuto sopperire all’assenza di lavoro e quindi di introiti economici. Da qui la preoccupazione di non riuscire più a garantire a sé stessi ed ai propri familiari un sostegno valido e sicuro. Anche la ricezione con ritardo della cassa integrazione per molti e tutta una serie di situazioni e di limiti correlati hanno contribuito a creare grande preoccupazione nelle persone.

    Per la riorganizzazione del lavoro sarebbe necessaria la figura di uno psicologo che tuteli i lavoratori attraverso un percorso che aiuti a contenere le ansie e le paure sviluppate durante le fasi del Covid e quindi una rimodulazione del carico di lavoro e dei turni, che tenga conto della risposta che questi soggetti hanno avuto durante questa fase lavorativa e dello stress vissuto.

    Sono da riconsiderare anche gli spazi sul posto di lavoro, i tempi dell’esecuzione del lavoro stesso ed è necessario considerare anche la modalità di rapportarsi con gli altri. Un lavoro che non prevede contatti con gli altri potrebbe risultare più gestibile rispetto a chi ha a che fare col pubblico, dove vengono fuori le problematiche ed è proprio qui che bisogna intervenire per evitare l’irritabilità che genera ad esempio il forte stress per l’obbligo di indossare determinati dispositivi di protezione. E’ importante saper gestire questi sentimenti relazionandosi con dei professionisti che possano indicare delle strategie per affrontare individualmente la situazione e lavorare su ciò che si è sviluppato, per riuscire a superare questo trauma, in quanto si parla di una situazione che è stata veloce nel cambiamento, alterando improvvisamente le abitudini e la vita di tutti.

     

    Riferimento:

    Dott.ssa Maria Mirabelli, psicologa clinica e forense, psicoterapeuta.

    mariamirabelli@libero.it

     

     

     

     

    Antonella Caputo

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