La produzione di vino in Italia continua a crescere, ma per gli esperti del settore non è un motivo di orgoglio. Lo ha spiegato Lamberto Frescobaldi, appena riconfermato presidente dell’Unione italiana vini, che ha descritto come la leadership produttiva italiana sia in realtà un fattore di rischio per l’intera filiera. In questo momento, nei magazzini italiani ci sono oltre 40 milioni di ettolitri di vino invenduto. Se la prossima vendemmia si confermerà nella media, con circa 50 milioni di ettolitri, entro la fine dell’anno la disponibilità totale di prodotto supererà i 90 milioni di ettolitri. Una quantità così elevata rischia di far crollare i prezzi, generando un grave squilibrio tra offerta e domanda.
Frescobaldi ha spiegato che le cause di questa situazione non si limitano alla sovrapproduzione, ma dipendono anche dal calo costante dei consumi, sia in Italia sia all’estero. Le giovani generazioni preferiscono altre bevande e cresce la domanda di bianchi e spumanti, mentre i rossi – da sempre l’asse portante del vino italiano – perdono spazio. A tutto questo si aggiungono le campagne di sensibilizzazione contro l’alcol, che spesso non distinguono tra abuso e consumo moderato, contribuendo a ridurre le vendite. Per affrontare questa fase di difficoltà, secondo Frescobaldi è necessario aggiornare il Testo unico del vino, riducendo le rese per ettaro e limitando le riclassificazioni e gli esuberi. Inoltre, ha evidenziato la necessità di rivedere l’attuale sistema delle Doc: in Italia ci sono oltre 520 denominazioni, ma solo le prime 20 generano l’80% del fatturato. Avere un numero così elevato di etichette, ha spiegato, non aiuta i consumatori a riconoscere l’origine del vino e non favorisce le vendite.
La visione di Frescobaldi offre un quadro chiaro: il primato produttivo italiano rischia di trasformarsi in un freno per l’intero settore se non sarà accompagnato da politiche di contenimento dell’offerta e da un ripensamento della struttura normativa. La sovrapproduzione, in un mercato con consumi stagnanti o in calo, finisce per generare giacenze sempre più difficili da collocare. L’obiettivo diventa quindi produrre meno, ma meglio, per rispondere a una domanda che cambia rapidamente, sia in termini di volumi sia di tipologie di vino richieste.