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    Politica e magistratura: 30 anni di tensioni, Meloni propone la tregua

    Politica e magistratura: 30 anni di tensioni, Meloni propone la tregua
    Il rapporto tra politica e magistratura è notoriamente un fascio di tensioni che va avanti da 30 anni senza soluzione di continuità. Da Tangentopoli, con gli arresti quotidiani di politici per corruzione, alla proposta di separazione delle carriere dei magistrati, già voluta da Silvio Berlusconi e ora nel mirino del ministro Carlo Nordio, con pioggia di critiche dei magistrati. La posizione della Meloni si attesa su una tregua tra le due parti, senza “né attacco, né resa”, perché questo scontro “non conviene a nessuno”.
    Una tensione, quella tra magistrati e politici, che ha percorso la storia italiana fin dai primi anni ’90, costituendosi sempre più come un crescendo. Furono noti infatti i casi dell’abolizione dell’immunità parlamentare, e il cosiddetto decreto legge ‘salva-ladri’, targato ministro della Giustizia del primo governo Berlusconi, il liberale Alfredo Biondi. A cui seguirono le leggi varate dai governi guidati da Berlusconi che in un modo o nell’altro vennero considerate (dalle opposizioni e da una parte della magistratura) come strumenti per limitare il potere giudiziario.
    Una tensione che portò allo scoppio, nel 1992, di “Mani pulite”, con gli arresti a raffica per corruzione, finanziamento illecito ai partiti e altre forme di illegalità che portarono alla luce un sistema diffuso di corruzione e tangenti che coinvolgevano di fattopraticamente tutti i partiti. Un crescendo, appunto, che continua a svolgersi negli intrecci politici ed economici italiani, fino alle recenti critiche dei magistrati alla riforma Nordio, proprio nel momento in cui un altro ministro, Daniela Santanchè, è sotto la lente dei magistrati per le sue attività imprenditoriali.
    Lo scontro tra governo e magistratura si sta riproponendo dunque con durezza proprio in questi giorni riguardo alla riforma della giustizia. La presidente del consiglio Giorgia Meloni, insieme al sottosegretario e al resto della maggioranza, sta cercando di placare i toni e di riportare il confronto nell’ambito della civiltà e della correttezza. La Meloni ha infatti affermato di lottare per una tregua tra le parti che non significhi né un attacco, né una resa, considerando le posizioni di scontro una perdita di tempo per tutti.Tutto questo dopo la durissima nota di giovedì con cui fonti di Palazzo Chigi accusavano una fascia della magistratura di essere scesa in campo contro l’esecutivo.
    La riforma della giustizia firmata Carlo Nordio è ora al vaglio degli uffici tecnici del Quirinale e tra qualche giorno toccherà al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella valutare il testo e decidere se dare il via libera per l’esame del Parlamento, che inizierà dal Senato. La speranza dei mediatori è che l’approdo del Ddl sul tavolo delle Commissioni e poi in Aula contribuisca a stemperare la tensione e a riportare il confronto nel merito delle norme. Resta certo l’imbarazzo dentro la maggioranza per la posizione della ministra Daniela Santanchè, di cui in queste sere si tornerà a parlare in alcuni programmi tv. Se la ministra dovesse essere rinviata a giudizio, la premier valuterà con lei l’opportunità di un passo indietro.
    Il Quirinale segue con preoccupata attenzione il braccio di ferro tra le istituzioni dello Stato, che agita il mondo politico e rischia di destabilizzare la maggioranza. Nelle ore di massima tensione con la magistratura nessuna telefonata dal Colle è arrivata a Palazzo Chigi e non solo perché il consigliere per gli affari giuridici Daniele Cabra era in viaggio con il capo dello Stato. Il presidente Sergio Mattarella è tornato dal Sudamerica con la ferma intenzione di restare fuori dalla contesa, ma è plausibile che nei prossimi giorni, quando avrà soppesato gli sviluppi del conflitto in corso, possa uscire dal suo “silenzio stampa” e farsi sentire.
    Pietro Broccanello

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