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    Mes e coronabond: Europa divisa, niente accordo

    Mentre il contagio cresce in molti paesi del continente, gli stati d’Europa ancora una volta si dividono su come agire e a quali condizioni erogare gli aiuti.

    L’Europa è divisa tra chi vuole ricorrere a Mes e coronabond per far fronte all’emergenza, e chi invece è più restio. La sopravvivenza di un organismo in una situazione di pericolo dipende in gran parte dalla capacità di adattarsi alle mutate condizioni. Per questo motivo le nazioni del sud Europa chiedono a gran voce la possibilità di ricorrere al Mes al di fuori della condizionalità che ne determina il ricorso secondo il regolamento vigente. Una richiesta avanzata nel corso della video-riunione di martedì 24 marzo dove i ministri delle Finanze dell’area euro hanno discusso di come delineare una risposta comune all’emergenza coronavirus. Il presidente della riunione, Mario Centeno, ha sottolineato che l’obiettivo è realizzare una difesa dell’euro per evitare che si scateni una crisi finanziaria.

    Eppure anche in questo caso l’Ue ha difficoltà a mostrarsi unita e solidale. L’Italia insieme a Spagna, Grecia, Portogallo e Francia chiede esplicitamente di poter ricorrere al fondo salva stati senza condizionalità date le “cause di forza maggiore” della situazione odierna. Il Mes è pensato come strumento per aiutare i paesi della zona euro che si trovino in difficoltà: ogni nazione partecipa a questo fondo con una quota e può ricevere soldi da questa organizzazione intergovernativa accettando tuttavia una serie di condizioni come il taglio della spesa pubblica e tutta una serie di riforme profonde che vengono sorvegliate da un comitato composto da Fondo Monetario Internazionale, Commissione Europea e Banca Centrale Europea. L’idea di fondo è: ti garantisco i soldi, ma mi devi dimostrare di risanare il bilancio e riformare ciò che non va. Questo in condizioni “normali”.

    La situazione presente si caratterizza come eccezionale, motivo per cui il fronte sud dell’Europa ha chiesto l’aiuto del Mes senza la costrizione delle condizioni rigide previste dal regolamento. Una proposta che ha trovato l’opposizione di alcuni paesi del nord come Germania e Olanda i quali si oppongono anche all’idea avanzata da Giuseppe Conte di utilizzare dei coronabond quali titoli comuni della zona euro utili a finanziare tutti gli interventi necessari per far fronte all’emergenza.

    Una proposta che ha trovato il favore di alcuni paesi: il governatore della Banca centrale portoghese, Carlos Costa, ritiene necessario un maggior spirito di collaborazione per evitare che la crisi economica sfoci in una crisi del debito sovrano. Ecco allora che i coronabond, emessi potenzialmente dallo stesso Mes, andrebbero ad integrare i miliardi già previsti dalla Bce per l’acquisto di obbligazioni e la maggiore flessibilità fiscale promessa dalla presidente della Commissione Europea, Ursula Von der Leyen. Questi bond avrebbero scadenze molto lunghe così da non appesantire le capacità di rimborso degli Stati membri soprattutto perché questi strumenti comunitari saranno necessari anche dopo la fine dell’emergenza coronavirus, quando bisognerà ricostruire le economie martoriate dal virus.

    L’incontro di martedì non ha portato ad alcun accordo, motivo per cui i ministri delle Finanze si incontrano nuovamente giovedì. In questo momento purtroppo l’Europa sta dimostrando una solidarietà frammentata: esiste il rischio che i mercati finanziari colpiscano gli anelli più deboli della catena e l’unico modo per evitare che ciò accada è agire in maniera decisa e comunitaria, senza riserve verso chi tende la mano.

    Simone Fausti

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