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    Coronavirus: Bergamo dice addio a Diego Bianco, un “angelo” del 118

    Si riaccende la polemica sui dispositivi di sicurezza individuali degli operatori sanitari. Lo sfogo di Gallera sulle 250mila mascherine della Protezione Civile: “È un fazzoletto, un foglio di carta igienica”.

    Bergamo, città pesantemente colpita dall’epidemia di Coronavirus, conta una morte in più, una delle più difficili da sopportare. Nella notte tra venerdì e sabato se n’è andato Diego Bianco, operatore tecnico della centrale operativa Soreu del 118, stroncato da una crisi respiratoria dovuta al Covid 19. Diego esce da quella che per molti è la “rassicurante” casistica dei decessi da Coronavirus, forse per questo la sua è una morte che spiazza ancora di più. Diego non era over 65, non aveva patologie pregresse, e nemmeno fumava. Solo 46 anni. E in campo fino all’ultimo ad aiutare gli altri, dividendosi tra la sala operativa del Papa Giovanni XXIII e l’ambulanza.

    Con ogni probabilità il contagio è avvenuto proprio mentre prestava servizio, in trincea, come molti altri sanitari che oggi combattono in prima persona contro la malattia. Diego però non ce l’ha fatta. I primi sintomi intorno al 6 di marzo, l’autoisolamento e il timore, confermato dopo l’esito del tampone arrivato venerdì 13, di aver contratto il Covid 19. Dalla conferma al tracollo è stato un attimo, un peggioramento inaspettato che ha sorpreso e generato ulteriore inquietudine a Montello, il paese di 3200 abitanti dove Diego abitava con la moglie e il figlio Alessio di 7 anni.

    Diego è morto nell’arco di un giorno e mezzo, pur essendo sano – spiegano i colleghi del 118 – se lavori come soccorritore hai una buona salute e sei costantemente controllato”. Alcuni operatori, nei giorni scorsi, sono risultati positivi al Covid 19 e per questa ragione la centrale che smista le chiamate per Sondrio, Bergamo e Brescia era stata chiusa e sanificata, dirottando le chiamate su altre centrali operative lombarde.

    Un operatore sanitario di lungo corso, preparato e ligio nell’utilizzo dei dispostivi di protezione individuale, che però non sono stati sufficienti a proteggerlo del tutto dal contagio. Questo vale per Diego e per i 1674 operatori sanitari che – secondo gli ultimi dati diffusi dall’Istituto Superiore di Sanità – sono stati colpiti dal Covid 19 da quando è scoppiata l’epidemia. L’emergenza dei dispositivi di protezione individuale corre di pari passo con l’evolversi dei contagi, come ha fatto notare Filippo Anelli, Presidente della Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici: “I medici stanno combattendo a mani nude perché i dispositivi individuali di protezione ancora non arrivano o arrivano in maniera assolutamente inadeguata per numero e quantità”.

    Come il lotto da 250mila mascherine che la Protezione Civile ha consegnato a Regione Lombardia, di poco diverse da un panno per la polvere. “A Roma ci hanno detto che è quello che hanno, ma quello che hanno non è sufficiente – ha commentato l’Assessore regionale al Welfare Giulio Gallera – Questo non è consentito né accettabile. C’è un’emergenza mascherine che va risolta con i giusti presidi. La Lombardia sta facendo uno sforzo pazzesco, almeno dateci gli strumenti per questa battaglia”.

    Un appello condiviso anche da Riccardo Germani, operatore sanitario e portavoce della sigla ADL Cobas Lombardia della Sanità: “In nome di Diego chiediamo misure straordinarie di protezione per tutti i soccorritori e gli operatori sanitari, che dovrebbero indossare sempre i dispositivi di protezione integrali da Covid 19”.

    Micol Mulè

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