Colpire dove fa più male: il portafoglio. Gli Stati Uniti non hanno ancora deciso se daranno i missili a lungo raggio Tomahawk all’Ucraina, ma Donald Trump ha cambiato passo e ha alzato livello di confronto con Putin. Washington ha annunciato, infatti, “sanzioni massicce” contro due colossi petroliferi russi, Rosneft e Lukoil. Si tratta di due società che ogni giorno esportano circa cinque milioni di barili al giorno di greggio, soprattutto verso India e Cina. Una mossa che arriva dopo il mancato vertice Trump-Putin a Budapest e che rischia di avere pesanti ripercussioni: i ricavi dall’export di gas e petrolio pesano per ben il 30% del bilancio federale di Mosca.
L’ex presidente Dmitri Medvedev non l’ha presa bene, anzi, ha invitato i suoi connazionali a smetterla di “nutrire illusioni”. La decisione di Trump, infatti, conferma che “gli Stati Uniti restano nostri avversari, e il loro loquace ‘pacificatore’ è ormai pienamente entrato sul sentiero di guerra contro la Russia”, ha dichiarato il numero due del Consiglio di sicurezza russo.
Questa settimana, inoltre, l’Ue ha adottato il 19esimo pacchetto di sanzioni che “prende di mira tra gli altri, banche russe, exchange di criptovalute, entità in India e Cina”, ha scritto su X l’alto rappresentante Ue per la politica estera, Kaja Kallas, secondo la quale “per Putin è sempre più difficile finanziare questa guerra”. Soddisfatto Zelensky: “Le sanzioni colpiscono esattamente ciò che aiuta Mosca a continuare questa guerra: il settore petrolifero e del gas, la flotta ombra e il complesso industriale-difesa” ha dichiarato il presidente ucraino, aggiungendo che “per la prima volta, le sanzioni sono state applicate a piattaforme crittografiche e sistemi di criptovaluta che la Russia sfrutta per aggirare le restrizioni”.






