L’export italiano segna una brusca battuta d’arresto, in particolare nei rapporti con gli Stati Uniti, dove il made in Italy ha registrato ad agosto un crollo del 21,2% su base annua. Una contrazione che riflette gli effetti dei dazi introdotti dall’amministrazione Trump a inizio agosto e che, secondo l’Istat, pesa in modo decisivo sull’andamento complessivo delle vendite verso i mercati extra Ue27, scese del 7,7% rispetto allo stesso mese del 2024.
Il quadro tracciato dall’Istituto di statistica è netto: la flessione riguarda soprattutto beni di consumo durevoli e non durevoli, in calo rispettivamente del 26,3% e del 13,2%, insieme ai beni strumentali (-8,4%). A sostenere, almeno in parte, la bilancia delle esportazioni restano l’energia (+23,7%) e i beni intermedi (+1,9%). Nonostante ciò, l’avanzo commerciale con i Paesi extra Ue si è ridotto a 1,77 miliardi di euro, in forte discesa rispetto ai 2,79 miliardi dell’agosto precedente.
Sul fronte delle importazioni, la dinamica è più contenuta (-3,1% annuo), con una marcata crescita degli acquisti dagli Stati Uniti (+68,5%), che compensa le contrazioni da Regno Unito (-36,6%), Paesi Opec (-27,1%), India (-9,7%) e Cina (-7,1%). In generale, gli acquisti dall’estero hanno segnato un calo del 7,1% su base mensile, trainato dalle minori richieste di beni di consumo non durevoli (-16,5%) e beni intermedi (-6,1%).
La fotografia trimestrale non appare più incoraggiante: tra giugno e agosto 2025, l’export resta sostanzialmente fermo (-0,1%), frenato ancora dalla riduzione dei beni di consumo, mentre cresce l’energia (+21,2%) e si registra un lieve aumento di beni strumentali e intermedi. L’import nello stesso periodo arretra dello 0,8%, con un’eccezione proprio per i beni strumentali, in rialzo del 3,5%.
In questo contesto, le associazioni dei consumatori lanciano l’allarme. L’Unione nazionale consumatori parla di “tracollo da dazi”, accusando Bruxelles di aver assecondato le pressioni americane senza reagire. Il Codacons definisce la situazione uno “tsunami commerciale” che rischia di colpire le imprese italiane private di una parte rilevante del loro mercato di riferimento e, di riflesso, anche i consumatori. Il pericolo è che, per compensare i mancati ricavi dall’estero, le aziende scarichino parte delle perdite sui prezzi interni, alimentando tensioni sull’inflazione e riducendo il potere d’acquisto delle famiglie.
Non mancano, però, alcune note in controtendenza: le esportazioni verso Regno Unito (+4,9%) e Svizzera (+4,7%) risultano in crescita, segno che i flussi commerciali restano in movimento e che i mercati cercano nuovi equilibri. Per il presidente dell’Ice, Matteo Zoppas, la volatilità attuale è in parte fisiologica, figlia di tempi straordinari e di un inevitabile periodo di assestamento. Solo nei prossimi mesi, sottolinea, sarà possibile capire se il calo registrato ad agosto rappresenti l’inizio di una tendenza duratura o un passaggio momentaneo in un contesto di forte instabilità internazionale.
Gloria Giovanditti