back to top
sabato 20 Settembre, 2025
Sign In
spot_img
spot_img

Urbanistica Milano, l’appello di Ferraro, MI’mpegno: “Servono nuove ‘traiettorie urbane’, nuovi orizzonti”.

spot_img

I più letti

A Milano si respira un’aria pesante. Non parlo soltanto dello smog che ogni inverno ci ricorda quanto la città resti fragile sul fronte ambientale, ma del clima di paralisi che ha investito l’urbanistica. L’appello di Alberto Sinigallia, presidente della Fondazione Progetto Arca – “in Comune nessuno firma più nulla” – non è un grido isolato: è il sintomo di un cortocircuito che rischia di congelare non solo i cantieri, ma il futuro stesso della città.

Chi conosce Milano sa che non è mai stata immune da crisi, blocchi, strappi. Ma oggi lo strappo sembra simile a quello vissuto nei mesi più duri del Covid: un arresto improvviso della capacità di decidere, una sospensione della fiducia, un vuoto che spaventa più delle inchieste stesse. E come allora, non servono sarti del prêt-à-porter, abili a rammendare alla buona: servono maestri di ago e filo che sappiano disegnare su misura un progetto politico alto, coraggioso, capace di guardare oltre l’ordinaria amministrazione.

Milano si trova davanti a sfide che non possono più essere ignorate: il costo insostenibile della casa, la qualità dell’aria preoccupante, la viabilità congestionata, la sicurezza sempre più fragile, le trasformazioni urbane complesse. Il blocco dell’urbanistica non è quindi un problema tecnico o giudiziario: è la spia di un sistema che rischia di fermarsi. E quando si ferma Milano, non si ferma solo una città: si ferma un’idea, quella di una capitale europea che vuole guidare l’innovazione e la crescita. I lavoratori pubblici lo sanno bene: insegnanti, medici, infermieri, operatori della sicurezza e della giustizia, sempre più in difficoltà a vivere in questa città per i costi elevati e la scarsità di soluzioni abitative. Da Mi’mpegno, questo disagio si percepisce con chiarezza.

Non posso non richiamare anche le parole recenti dell’arcivescovo di Milano, che ha posto con forza il tema della casa, chiedendo a tutti noi un’assunzione di responsabilità. Milano è laboratorio di innovazioni e capitale riconosciuta a livello europeo, ma spesso non scioglie i nodi veri. Si celebra la città degli studenti, ma non si investe in residenze universitarie e si costringono i giovani a pagare affitti proibitivi; si parla di capitale della salute e della ricerca, ma i professionisti sanitari fuggono davanti a stipendi poco competitivi e carichi di lavoro insostenibili; si moltiplicano gli slogan sulla sostenibilità, ma ogni giorno entrano in città 600.000 automobili e il trasporto pubblico non è all’altezza; si discute all’infinito di San Siro, senza scegliere se essere capitale sportiva internazionale o custode del proprio patrimonio.

La morale è amara ma chiara: Milano corre, produce, innova, ma non sceglie. E quando la politica rinuncia a decidere, i tecnici comunali – pur capaci – diventano pompieri invece che architetti del futuro. Il rischio è che la città viva di rendita, convinta che il suo dinamismo naturale basti a compensare l’assenza di visione. Ma anche la locomotiva, senza guida, può deragliare. Per questo serve oggi un salto di qualità, un nuovo “manifesto milanese” che tenga insieme università, salute, ambiente, sport, cultura, mobilità e politiche sociali, per evitare che ogni pezzo resti un successo isolato e sterile.

Servono nuove “traiettorie urbane” che delineino orizzonti e coinvolgano la grande parte produttiva e responsabile della città.  Milano ha bisogno di politica alta, di idee capaci di ricucire lo strappo e restituire alla città il suo ruolo di guida. Solo così potremo dire, senza retorica, che la Milano del futuro sarà una città non solo di case, ma di cuori.

Carmelo Ferraro

- Advertisement -spot_img

Altri articoli

- Advertisement -spot_img

Articoli recenti