Una pronuncia senza precedenti: la Corte di giustizia internazionale dell’ONU ha stabilito che gli Stati hanno il dovere legale di affrontare il cambiamento climatico. La mancata riduzione delle emissioni di gas serra può costituire una violazione del diritto internazionale.
“I trattati sul clima impongono obblighi rigorosi”, ha dichiarato il presidente della Corte, Yuji Iwasawa. Non si tratta più solo di impegni morali o politici: gli Stati che non agiscono possono essere chiamati a rispondere dei danni causati, anche con risarcimenti.
Fossili, ambiente e diritti umani
Secondo i giudici, finanziare o promuovere i combustibili fossili senza misure adeguate può configurare un atto illecito. La Corte ha ribadito che un ambiente sano è condizione essenziale per il rispetto dei diritti umani.
E ha richiamato gli obiettivi dell’Accordo di Parigi del 2015, oggi sempre più lontani: l’aumento delle temperature rischia di superare i 3 °C entro fine secolo, ben oltre la soglia di sicurezza fissata a 1,5 °C.
Il caso Vanuatu, la spinta dal Sud globale
A sollevare il caso è stato il piccolo Stato insulare del Vanuatu, minacciato dall’innalzamento del mare. Oltre 130 Paesi hanno sostenuto la sua richiesta. La decisione, pur non vincolante, fornisce un riferimento importante per le migliaia di cause sul clima già avviate in tutto il mondo.
Una nuova stagione per la giustizia climatica
Negli ultimi mesi, anche la Corte interamericana e la Corte europea dei diritti umani hanno emesso decisioni che rafforzano l’obbligo degli Stati di proteggere l’ambiente e i cittadini.
“È l’inizio di una nuova era di responsabilità climatica”, ha commentato Greenpeace. Il diritto internazionale, ora più che mai, entra in campo nella lotta alla crisi ambientale.
Andrea Valsecchi