domenica, Maggio 5, 2024
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    L’Italia verde Draghi

    L’Italia verde Draghi
    Venerdì l’apocalisse era stata predetta da più parti. Con l’entrata in vigore del Green Pass la Nazione doveva crollare su se stessa. Milioni di tamponi richiesti, forze dell’ordine decimate, fabbriche al collasso, tir fermi. Non è successo nulla di tutto questo. Ai complottisti sono rimaste solo le foto del Gay Pride di Zurigo, spacciate per la protesta al porto di Trieste, e un convoglio di camion rimandato indietro a Domodossola. Sedici per la precisione. Questo è quanto. Su 180 operai del porto di Venezia, solo uno ha scioperato. O non è entrato. O quello che è. A Livorno le maestranze hanno detto che il problema era il lavoro mancante, non il Green Pass richiesto. In sintesi, non è successo nulla.
    Come non era successo nulla, a dire il vero, quando il Green Pass era stato chiesto nei ristoranti. Le richieste, in entrambi i casi, accorate, struggenti e persino emozionanti a volte, sono cadute in quell’abisso di silenzio che è Palazzo Chigi. Una decisione, quando presa, è irrevocabile per palazzo Chigi. E questo lascia sgomenti. Era da dieci anni, dal governo Monti, che non si vedeva nulla del genere. E senza alcun tentennamento. Senza alcuna preoccupazione per quello che diranno le persone su Facebook. Si può contestare Draghi. A chi scrive molte delle sue politiche lasciano almeno perplesso. Ma non si può fare a meno di ammirarne la professionalità. In quello che fa, è davvero bravo.
    E quello che fa, che è stato chiamato a fare, è dare ordine al caos di questo paese. Ed il caos, oggi, si chiama no pass. Avranno ragione? Torto magari non ce l’hanno. Ma stanno combattendo una guerra persa prima della prima manifestazione. La guerra per i diritti economici prima di quelli sanitari è stata, infatti, persa a marzo 2020. Andava combattuta allora, quando i supermercati non potevano vendere le matite. Quando si chiudeva tutto, illudendosi che tutto potesse chiudere. Ovviamente non era così. E di fatti tutto ha riaperto tutto quasi subito. Ora, dopo quella apocalisse, credete davvero che le ditte sarebbero collassate di fronte a un problema di tamponi? Essù, dopo diciotto mesi tutti sapevano chi si era e non si era vaccinato.
    Nessuno, immagino, ha fatto sondaggi scritti. Ma di queste cose si parla. I no vax sono stati individuati per tempo e gestiti di conseguenza. Come? Non è possibile saperlo. Ma secondo me o sono stati messi in posti non vitali o li si è sensibilizzati all’uso dei tamponi. Oppure, con molto pragmatismo, nei controlli a campione, loro ci saranno solo quando saranno tutti sicuri, ma proprio sicuri eh, che il Green Pass ci sia e sia valido. Il mio non è uno studio epidemiologico, ma nella fittissima rete di micro e piccole imprese, di certo, nessuno chiuderà (salvo gli affezionati lettori di Porro, tutti falliti venerdì immagino). E Draghi questo lo sa perfettamente. Gli serviva lo sprint finale verso quota novanta. Percento. Di vaccinati. Nessuna nostalgia, sia chiaro. E quello sprint, dicevo, è stato garantito. Siamo all’85%. I controlli scatteranno se ci fermeremo. Altrimenti quelli che ci saranno, colpiranno sul sicuro: grandi aziende iper attrezzate e saranno fatti con ampia pubblicità.
    La mai personalissima impressione è che nessuno verrà chiuso, se lo si potrà con ragionevolezza evitare. La battaglia è contro il virus, non contro l’impresa. Questo però non dovrebbe lasciar sonni tranquilli ai furbi. Un qualsiasi focolaio attirerà la giusta retribuzione. Riassumendo, il Green Pass all’Italiana ha funzionato. E ha funzionato molto prima che qualcuno chiedesse la prima volta di mostrare un QR code. Ha funzionato perché i suoi detrattori ne hanno parlato, riparlato e straparlato. I suoi nemici hanno trasformato una misura senza mordente in una minaccia epocale. I suoi critici ne hanno fatto il Behemoth che dorme negli abissi. La Bestia che viene dal mare. E così la quota di non vaccinati per scarsa motivazione si è improvvisamente sentita molto motivata. Il Governo non ha dovuto fare assolutamente nulla.
    E così, quando sabato tre manifestanti contro il Green Pass sono dovuti entrare nella prefettura di Milano per trattare il percorso del corteo, hanno tutti e tre, senza esitare, mostrato il Green Pass. E Draghi, nel suo cuore scaglioso, ha sorriso. Perché, alla fine, il nemico non è il dissenso. Il nemico è il caos. E per risolvere il caos si deve combattere il virus. Battaglia impossibile, come detto da più parti, senza coinvolgere la parte della popolazione che non crede nei vaccini. E che ora sarà attentamente valutata a sue spese con cadenza settimanale. Sventando la potenziale bomba pandemica che poteva sonnecchiare in quella sacca di renitenti al vaccino. Obiettivo sublime che l’obbligo vaccinale non avrebbe sortito.
    Lo ripeto ad abundantiam: Draghi può non piacere. È legittimo. Ma non ammirare la sottile arte dell’uomo più freddo del paese che piega le truppe di Castellino senza mai parlarci, ma anzi ponendosi loro come l’ideale archetipico del nemico e facendone le avanguardie della lotta al caos, beh è impossibile. Un’ultima volta: Draghi, facendo ingrandire la portata del Green Pass ai suoi nemici e dando come alternativa i tamponi, ha cominciato uno screening di massa gratuito finanziato graziosamente dai no green pass. Con il risultato che le vaccinazioni hanno toccato il livello desiderato. E con il restante piccolo numero di oppositori che si controlla due volte alla settimana. Non si poteva, nemmeno sognando, sperare di ottenere un risultato migliore. E tutto questo senza alcuna coercizione della coscienza. Chi crede di vivere ai tempi del Quarto Reich continuerà a condividere meme idioti su Telegram. Tra un tampone e l’altro. Senza la possibilità di contagiare nessuno. Ed evitando così uno scenario Inglese, pronti ad una primavera di rinascita.
    Grazie, Mario. Non ce lo meritavamo. Ma grazie lo stesso.
    Luca Rampazzo

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