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    Pensioni: addio quota 100?

    Pensioni: addio quota 100?
    Settembre torna ad essere il mese dei ripensamenti e del dibattito sociale e politico: quello che sta per cominciare si presenta con l’avvio dei lavori del Governo e delle parti sociali e segna con la matitia blu il tema lavoro e pensioni.
    Dai primi rumors gran parte della maggioranza politica starebbe pensando a misure come l’Anticipo rafforzato e a Opzione Donna per mandare “in pensione” quota 100.
    Si potrebbe così configurare l’ipotesi di anticipazione della messa a riposo a partire dalla soglia minima di 63 anni oppure con il compimento di 41 anni lavorativi. Così la pensa Pasquale Tridico, Presidente dell’Inps, che vorrebbe avviare la riforma pensionistica già a partire dal 2022. Il sindacato non sembra particolarmente propenso a questa soluzione, ma si vedrà ai tavoli la posizione che intenderà mantenere nei confronti di un governo come quello attuale, bipartizan e non antagonista a prescindere.
    Se dunque la maggioranza che sostiene il premier Draghi considera pressochè scontato il superamento di quota 100, nondimeno rimane da superare la barriera delle parti sociali e dei tavoli di confronto nei quali inserire misure significative in vista della manovra economica autunnale.
    L’attuale anticipazione pensionistica, confermata per tutto il 2021, prevede l’accesso ai lavoratori over 63 anni che abbiano particolari situazioni di difficoltà, come disoccupazione di lungo corso o attività di sostegno a familiari disabili oppure per coloro che abbiano svolto attività considerate usuranti come gli operai dell’industria estrattiva, gli agricoltori, i conduttori di gru e convogli ferroviari.
    Il trend nel 2020 segna una flessione rispetto al precedente anno, con una platea di beneficiari di circa 11 mila nuovi pensionati, ma l’obiettivo anche del sindacato è quello di rendere l’Ape un canale strutturale di uscita dal mondo del lavoro.
    In questa prospettiva, il ministro del Lavoro Andrea Orlando ha istituito un’apposita Commissione tecnica per individuare una nuova lista di lavori gravosi da “agganciare” all’Ape sociale.
    In attesa di vedere i risultati della commissione, rimane sul tavolo il problema relativo ai costi che l’ampliamento della misura sociale comporterebbe. Stime avanzate da esperti, non ancora confermate da organi istituzionali, configurano un costo incrementale tra i 400 e i 700 milioni annui.
    In questo scenario uno degli elementi certi per il prossimo biennio rimane Opzione donna, cioè la possibilità di prepensionamento per le lavoratrici che abbiano versato 35 anni di contributi e compiuto 58 anni di età.
    Lo scenario economico potrebbe agevolare la nuova ipotesi di pensionamento sociale anticipato, visto che i dati del mercato del lavoro prospettano un fabbisogno di circa 1,2 milioni di nuove assunzioni in Italia; se questo dato venisse confermato nei prossimi mesi, si assisterebbe ad un più rapido percorso di avvicendamento lavorativo tra vecchie e nuove generazioni.
    Con l’avvicinarsi del momento di confronto autunnale si moltiplicano anche le ipotesi, le proposte, le diverse opzioni che dovranno essere vagliate nell’ambito dei negoziati sociali e resi operativi nel contesto di un nuovo quadro generale che comprenderebbe anche nuove modulazioni dei requisiti di accesso alla pensione di anzianità, alla Cig straordinaria o allo “scivolo” di cinque anni.
    Una interessante anticipazione della volontà del governo di percorrere questa direzione è contenuta nelle misure del decreto Sostegni-bis che già prevede per le aziende con almeno 100 dipendenti interventi di anticipazione pensionistica come quelli accennati, come confermato dallo stesso sottosegretario al lavoro, la leghista Tiziana Nisini.
    Il ritorno alla normalità passa, dunque, anche da questo delicato ma strategico ripensamento del sistema pensionistico e delle sue regole, che – è giusto sottolinearlo – con quota 100 non ha incontrato un grande favore da parte dei diretti interessati, come confermano i dati aggiornati del 2021 in cui si vede che oltre metà dei beneficiari di quota 100 in realtà ha optato per una messa a riposo posticipata tra i 63/66 anni con sforamento della quota 100 di alcuni anni.
    Le decisioni e i confronti dei prossimi mesi saranno particolarmente decisivi in chiave prospettica e dovranno garantire una capacità di sostenibilità nel tempo.
    Pietro Broccanello

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